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Il G7 boccia Libra, la criptovaluta di Zuckerberg

19 Luglio 2019 - 06:14 Redazione
I governi delle maggiori 'economie avanzate' alzano la voce contro le tech companies e bocciano la proposta di Facebook per una sua moneta digitale. In preparazione nuove misure

Dopo l’alt del presidente americano Donald Trump, anche il G7 frena su Libra, la criptovaluta di Mark Zuckerberg. Il vertice dei ministri delle finanze dei Paesi membri (Usa, Giappone, Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna) a Chantilly, nord di Parigi, si è concluso con l’annuncio di nuove forme di regolamentazione da definire a breve per proteggere il sistema finanziario mondiale.

In una dichiarazione a effetto, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha definito «inaccettabile» l’ipotesi che una compagnia privata, come Facebook, possa stampare moneta senza essere sottoposta a forme di controllo democratico.

Il consenso – così come ha riassunto Benoit Coeure, membro della Banca Centrale europea e presidente della taskforce al G7 – sembra ruotare attorno alla convinzione che i vantaggi associati a un moneta globale come Libra, in termini del potenziale agevolamento dei pagamenti e l’abbassamento dei prezzi, siano assai inferiori rispetto ai rischi.

Nel giustificare l’importanza di introdurre nuove forme di regolamentazione, Coeure ha fatto riferimento alla necessità di prevenire fenomeni di riciclaggio di denaro, di finanziamento del terrorismo e di garantire un’equa competizione e proteggere i dati dei consumatori.

In precedenza Donald Trump aveva dichiarato che se Facebook avesse intenzione di stampare moneta, si sarebbe dovuta costituire formalmente una banca e quindi sottoporsi ai vincoli che regolano il settore finanziario.

Durante il vertice a Chantilly i delegati hanno anche ribadito l’intenzione di tassare le grandi compagnie informatiche come Google, Amazon, Facebook e Apple anche nei Paesi in cui non hanno sedi e non sono fisicamente presenti.

Anche in questo caso i Paesi membri starebbero lavorando a un nuovo piano regolatore che, come ha precisato il ministro del Tesoro americano Steven Mnuchin, non sarebbe da applicare soltanto alle multinazionali americane.

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