Massacro di Srebrenica, la Corte suprema olandese riduce la responsabilità dell’Olanda
Il 18 luglio la Corte Suprema olandese ha stabilito che l’Olanda è responsabile al 10% della strage di Srebrenica, dove le forze serbo-bosniache hanno ucciso circa ottomila bosniaci musulmani. Nella sentenza si legge che «La probabilità è del 10% e quindi la responsabilità dello stato olandese per i danni ai parenti è del 10%». Nel 2017 la Corte d’appello aveva valutato che lo stato olandese era responsabile al 30% delle uccisioni. Questo influisce sui risarcimenti richiesti dalle famiglie delle vittime della più grande strage avvenuta in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.
La strage di Srebrenica
Siamo nel 1995, tre anni dopo che la Bosnia aveva dichiarato l’indipendenza dalla Yugoslavia tramite referendum, boicottati dai serbi bosniaci. Da allora, si combatteva intorno a Srebrenica e alle altre enclaves musulmane in zone a maggioranza serba, dove i serbi eseguivano quella che loro stessi hanno definito come pulizia etnia. La Serbia è etnicamente frammentata, con una maggioranza di religione musulmana, una grossa minoranza ortodossi e un’altra, più piccola di croati cattolici. All’epoca, le milizie serbo-bosniache, che avevano boicottato il referendum, avevano intrapreso una guerra sanguinosa contro il governo bosniaco appoggiati dall’esecutivo serbo di Slobodan Milosevic, con l’obiettivo di ottenere l’annessione della loro regione alla Serbia.
A guidare la strage di Srebrenica c’era il generale Ratko Mladić, che è stato condannato in primo grado all’ergastolo per genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale dell’Aja nel novembre 2017. Tra l’11 e il 12 luglio 1995, le milizie hanno radunato gli uomini tra i 15 e il 65 anni, separandoli da donne e bambini, e ne hanno uccisi 8.000, la maggior parte con un colpo alla testa.
La responsabilità dell’Olanda
Nella città si erano rifugiati molti bosniaci di fede islamica, portando la popolazione a 40.000 individui. Da due anni, l’esercito serbo aveva assediato la città, dove si erano concentrati i contingenti del decimato esercito bosniaco, con l’obiettivo di costringere gli abitanti alla resa facendoli morire di fame e sete. La città era sotto la protezione dei caschi blu dell’ONU da aprile del 1993, e aveva inviato dei contingenti olandesi a presidiarla. Era da giorni che si combatteva intorno a Srebrenica quando l’11 luglio le milizie serbe sono entrate in città. Gli olandesi hanno sparato qualche colpo in aria per poi firmare la resa, brindando con Mladic.
Il 12 luglio 25.000 persone si erano dirette a Potocari, per cercare protezione nella base olandese dei caschi blu. Dagli autobus venivano però fatti scendere gli uomini, che venivano portati in scuole o ospedali per quelli che avrebbero dovuto essere controlli e che invece si rivelavano essere uccisioni di massa, pianificate dall’alto. Ragazzini di 15 anni e uomini adulti venivano fatti salire su autobus, trucidati e poi buttati in fosse comuni. 300 uomini, che avevano trovato rifugio all’interno della base, vennero consegnati direttamente dalle truppe olandesi dell’ONU.
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