Crisi di nervi nel governo
Non più se rompere ma quando. La base della Lega spinge: molti parlamentari descrivono Salvini come determinato a strappare, irritato – questo il ‘refrain‘ – per i continui no del Movimento 5 stelle, dubbioso solo sui tempi. Il vicepremier si è preso qualche giorno di relax, lontano dai riflettori, anche per decidere il da farsi.
Ma dai colonnelli a molti parlamentari la tesi è che ormai questo esecutivo difficilmente possa avere vita lunga. E l’ipotesi che si possa andare a votare nella prossima primavera, accorpando le Politiche con le elezioni in alcune regioni considerate chiave per il partito di via Bellerio come l’Emilia Romagna e Toscana, si scontra con l’iter delle riforme.
In agenda a settembre c’è il via libera definitivo del taglio del numero dei deputati e dei senatori, a quel punto – questa la riflessione che fanno fonti parlamentari – sarebbe alquanto difficile convincere tutti ad andare a casa, con il diffuso timore di non ritornare poi in Parlamento. Ecco il motivo per cui la decisione se proseguire o no con questo governo il ministro dell’Interno dovrebbe prenderla entro poco tempo.
«Il problema è se si fanno le cose»
Il pressing della base è quindi sempre più forte. La consapevolezza che o si rompe adesso oppure si entra in sessione di bilancio e la strada diventerebbe impervia. La Lega per ora attende delle risposte: su Tav e grandi opere, autonomia, flat tax.
Anche il tema del rimpasto è ‘derubricato’: il problema – il ragionamento anche del responsabile del Viminale – è se si fanno le cose. «Se fossimo nella Prima Repubblica tutto si potrebbe risolvere con una nuova squadra ma a settembre rischiamo di ritrovarci nello stesso pantano», osserva un esponente di governo del Carroccio.
Al momento siamo alla guerra di nervi tra gli alleati che hanno contratto il programma di governo. Anche se le parole di Di Maio vengono accolte come un’apertura nei confronti delle istanze manifestate da Salvini, nella Lega si ritiene che i pentastellati siano spaccati, che siano altri – non il vicepremier M5s – a frenare.
La richiesta del partito di via Bellerio è per esempio quella di invertire il senso di marcia nel vertice di lunedì sull’autonomia. Un segnale di novità verrebbe accolto favorevolmente. «Perché senza l’autonomia – spiega un dirigente leghista rilanciando le parole di Zaia – questo governo non ha ragione di continuare ad esistere».
Conte nel mirino
Nel mirino – anche dei governatori del nord – è finito Conte che – questa la convinzione dei leghisti – si sta muovendo in proprio. «Il Movimento 5 stelle non ha capito che il 26 maggio è cambiato tutto – osserva un deputato -. Non possiamo tradire il voto degli italiani». Altrimenti, senza un cambio di passo – questo il leitmotiv – ci sarà un altro voto.
È una partita doppia quella che gioca la Lega. Perché l’interlocutore non è solo il Movimento 5 stelle. Il messaggio che indirizza il partito di via Bellerio è anche verso l’Europa. Sia per quanto riguarda il ruolo del commissario Ue (il presidente della Commissione avrebbe chiesto una figura femminile, ma al momento non c’è alcuna decisione in merito, anche se M5s ha fatto il nome della Bongiorno), sia per quanto riguarda la manovra.
Qualora l’esecutivo dovesse andare avanti, l’Europa – viene spiegato – dovrà dare flessibilità all’Italia, permettere che ci sia una legge di bilancio non improntata sull’austerità. Questo vuol dire che una parte della cifra prevista per la clausola di salvaguardia sull’Iva potrebbe essere ‘spalmata’ per l’anno successivo.
I conti comunque si faranno presto nell’esecutivo. Al momento non ci sarebbero stati contatti tra Salvini e il premier Conte, né tantomeno con Di Maio. Lo snodo potrebbe esserci mercoledì quando alla Camera si dovrebbe votare la fiducia sul dl sicurezza e al Senato parlerà il presidente del Consiglio Conte.
Per ora la possibilità che Salvini possa riferire dopo il premier non viene confermata. Ma già dal vertice di lunedì sull’autonomia si capirà di più. E intanto la base spinge: «Ora il dubbio non è più se rompere ma quando», ripete una fonte parlamentare, «ma sarà Salvini a decidere». Il vicepremier della Lega non ha ancora staccato la spina. E il timore tra diversi ‘big’ del partito di via Bellerio è che non è detto che poi alla fine lo faccia.