La firma degli anarco-insurrezionalisti sul sabotaggio ferroviario che ha tagliato in due l’Italia
“Sarà stato un caso? Una coincidenza? Una vile provocazione? Oppure più semplicemente e umanamente un gesto d’amore e di rabbia?”.
Queste frasi, che si leggono sul sito di un gruppo anarco-insurrezionalista, vengono considerate dagli inquirenti alla stregua di una rivendicazione per il sabotaggio delle centraline alla stazione fiorentina di Rovezzano, snodo dell’alta velocità, che stamattina ha bloccato per tre ore la linea ferroviaria principale del paese.
Ben pochi dubbi sul fatto che l’azione sia stata compiuta per marchiare il giorno della sentenza al processo di Firenze contro trenta anarcoinsurrezionalisti per l’ordigno posto due anni e mezzo fa contro una libreria legata all’estrema destra.
È bastata una sigaretta: il testo integrale della rinvendicazione
Ecco il testo della rivendicazione:
Questa mattina — dieci giorni dopo il ventunesimo anniversario della morte di Maria Soledad Rosas, due giorni dopo il diciottesimo anniversario della morte di Carlo Giuliani, e poche ore prima della prevista sentenza da parte del Tribunale di Firenze contro una trentina di anarchici — la linea ferroviaria che collega Roma e Firenze è ferma, sospesa, bloccata. Cosa è successo? All’alba, nella prima periferia del capoluogo toscano, una cabina elettrica dell’Alta Velocità si è surriscaldata al punto da andare in fiamme. Sarà stato un caso? Una coincidenza? Una «vile provocazione»? Oppure, più semplicemente ed umanamente, un gesto d’amore e di rabbia?
È facile immaginare che sul posto sia tutto un brulichio di tecnici delle Ferrovie e della Questura. Dopo i primi accertamenti, i responsabili della Rfi hanno dichiarato che «il principio d’incendio agli impianti che gestiscono la circolazione dei treni è stato causato da un atto doloso ad opera di ignoti». Ignoti che con un nonnulla hanno gettato nel caos la circolazione ferroviaria nazionale, settore importante di quel sistema pubblico di trasporti che ogni giorno fa funzionare la nostra amabile società, spostando merci umane e inumane a seconda delle esigenze del mercato. Ma quando non funziona più nulla, si sa, si è costretti a pensare a tutt’altro.
Eh, lo sappiamo, lo sappiamo, che sbirri e giornalisti — abituati come sono o al mutismo dell’obbedienza o al coro del consenso — prenderanno queste nostre parole nientepopodimenoche per una «rivendicazione». Ma che ci volete fare? È più forte di noi. Non riusciamo a trattenere la nostra emozione nel constatare come questo gigante chiamato Potere abbia sempre e comunque i piedi di argilla. Come sia sufficiente accendersi una sigaretta all’aria aperta in campagna e sotto la luna per mandarlo in tilt. Come tutta la sua esaltata magnificenza, tutta la sua tracotante invincibilità, dipendano da fragili cavi disseminati un po’ dovunque. Talmente vulnerabili da poter essere neutralizzati persino da una lumaca.
Lo spettro della morte e la minaccia della galera potranno fermare chi ha da curare i propri interessi, ma non hanno mai fermato chi desidera ardentemente la propria libertà.
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