Neil Armstrong morto «per malasanità»: dopo la battaglia legale, i figli patteggiano
Neil Armstrong, il primo uomo ad aver messo piede sulla luna, è morto a 82 anni, di un problema cardiaco. Secondo i suoi figli, il decesso del capitano dell’Apollo 11 era invece dovuto a un trattamento post-operatorio inadeguato ricevuto all’ospedale Mercy Health – Fairfield. Anche un esperto ingaggiato dall’ospedale avrebbe, secondo il New York Times, rilevato seri problemi nelle cure ricevute da Armstrong.
Secondo documenti visionati dal quotidiano americano l’ospedale avrebbe difeso il trattamento effettuato, per poi accettare di versare 6 milioni di dollari alla famiglia per evitare una «pubblicità devastante». L’ospedale avrebbe insistito per mantenere segreti il reclamo e il patteggiamento.
Nell’agosto 2012, Armostrong avrebbe subito un intervento di by-pass cardiaco. In seguito a questo, la moglie aveva riferito all’Associated Press che il marito era «incredibilmente resistente» e che camminava nel corridoio. Ma quando le infermiere hanno rimosso i cavi per un pacemaker provvisorio, la membrana che circondava il cuore avrebbe iniziato a sanguinare, portando a una serie di problemi che avrebbero causato la sua morte il 25 agosto dello stesso anno.
Dopo anni di processi, alla vigilia del quarantacinquesimo anniversario della prima missione sulla luna, la moglie di uno dei figli di Armstrong ha mandato una mail minatoria all’ospedale. Se non avessero raggiunto un accordo in tempi brevi Rick e Mark Armstrong avrebbero parlato pubblicamente della scarsa qualità delle cure ricevuto dal padre al Mercy Health – Fairfield. Ed è qui che le parti si sarebbero accordate su un risarcimento da sei milioni.
Il New York Times ha ricevuto le 93 pagine di documenti processuali cinque anni dopo, da un mittente anonimo che ha dichiarato di essere motivato dalla volontà che questo episodio possa salvare le vite di altre persone. Questa storia è soltanto un esempio illustre di una pratica che negli Stati Uniti avviene spesso: i patteggiamenti segreti per casi di malasanità, che proteggono la reputazione ma minacciano la responsabilità pubblica degli ospedali.
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