Russiagate, Mueller parla al Congresso: «Il rapporto non scagiona Trump», l’ombra dell’impeachement
Oggi il premier Giuseppe Conte non è l’unico a parlare di interferenze russe e campagna elettorale. L’ex capo dell’Fbi ed ex procuratore speciale Robert S. Mueller si è seduto il 24 luglio di fronte alle commissioni Giustizia e Intelligence del Congresso americano per testimoniare sulle indagini condotte sulle interferenze russe con la campagna presidenziale USA del 2016 e sul tentativo di Donald Trump di ostacolare gli investigatori. I deputati democratici e quelli repubblicani, durante l’interrogatorio, hanno due obiettivi opposti: l’impeachement i primi, il decadimento dalle accuse i secondi.
Mueller si era rifiutato di testimoniare per mesi, anche dopo aver prodotto un documento di 448 pagine che documentava le indagini sulle interferenze russe nell’elezione americana nel 2016 e sui tentativi di Donald Trump di ostacolare gli investigatori. Ma i democratici hanno insistito perché l’ex direttore dell’FBI testimoniasse di fronte al Congresso. Nel suo intervento, Mueller ha ricordato che essendo lui stesso un procuratore, il suo contributo come testimone non avrebbe potuto essere esaustivo, per una necessità di segretezza e per proteggere le indagini.
Le ombre sulla Russia
Quello che si poteva evincere dal suo rapporto è che la Russia aveva interferito con la campagna elettorare precedente alle elezioni del 2016 che hanno portato all’elezione di Donald Trump tramite disinformazione sui social media e fughe di dati tramite hackeraggio delle email dei candidati democratici.
Le indagini hanno mostrato che la campagna elettorale di Trump ha accettato di buon grado l’intervento di Mosca e che ha avuto ripetuti contatti con la Russia, ma Mueller ha concluso che non esistono sufficienti prove per affermare che lo staff della campagna di Trump abbia cospirato con la Russia nel contesto del Russiagate. E che non c’erano abbastanza prove per concludere che Donald Trump avesse cercato di sabotare le indagini.
La deposizione al Congresso
Durante le domande dei membri del Congresso, Mueller ha confermato che diversamente da quanto affermato da Trump, il presidente non è stato assolto dalle accuse di «cospirazione». Come conferma il rapporto, il termine «cospirazione» è usato come sinonimo di «collusione», l’accusa da cui Trump ha affermato di essere stato assolto.
Il rapporto ha semplicmente concluso che le prove non erano sufficienti perché confermare le accuse. Mueller ha anche confermato il fatto che Trump ha ripetutamente rifiutato di essere interrogato nel quadro delle indagini, nonostante una conversazione con il Presidente fosse considerata fondamentale e di pubblica utilità.
Mueller ha anche dichiarato di aver interpretato la politica del dipartimento di Giustizia che proibisce di accusare il Presidente come un divieto di determinare se Donald Trump avesse commesso un crimine. «Accusare il Presidente Trump di un reato è un’opzione che non potevamo prendere in considerazione. Se fossimo stati sicuri della sua totale innocenza, lo avremmo detto», aveva affermato Mueller in un discorso a sorpresa tenuto il 30 maggio. Queste frasi sono state interpretate come un appello al Congresso, portando vari deputati a chiedere l’impeachment del Presidente.
Per questo il deputato democratico della Florida Ted Deutch ha concluso il suo intervento affermando: «Lei ha determinato che non le era consentito accusare un Presidente in carica, ecco perché quest’assemblea deve occuparsene».