Sassi contro i braccianti africani: cosa c’è dietro l’aumento delle violenze in Puglia – L’intervista
13 luglio 2019. Un piccolo gruppo di braccianti agricoli sta attraversando la statale di Foggia est in bici per raggiungere i campi di lavoro. Nel mezzo del viaggio, alcuni di loro vengono colpiti alla testa da una raffica di sassi lanciati da un’auto. Due giorni dopo succede la stessa cosa: altri braccianti salgono sulle proprie bici per arrivare nelle campagne e due di loro vengono feriti al cranio mentre attraversano la statale.
Il 17 luglio c’è ancora un altro episodio. Nella stessa zona, un ragazzo che abita in centro va a riprendere il proprio motorino nella periferia della città. Sale sul mezzo e attraversa la statale diretto verso i campi da lavoro. Un’auto lo raggiunge, gli si avvicina e lo sperona. Il ragazzo cade, sbatte la testa e perde un dente. Nello stato confusionale riesce a sentire i rumori dell’aggressore che colpisce il suo motorino.
Il 23 luglio, altre 3 persone in bicicletta stanno andando per conto loro sulla statale. Nel giro di un istante vengono colpite alla testa da alcuni oggetti non definiti lanciati da un’auto in corsa. Uno di loro, un gambiano di 22 anni, viene colpito con più forza e, cadendo, perde i sensi. All’ospedale di San Giovanni Rotondo dov’è ricoverato, gli diagnosticano un’orbita e uno zigomo fratturati.
Cosa succede nelle campagne del foggiano
«Avviene sempre più o meno all’alba: iniziamo a pensare che ci sia qualcuno che mette la sveglia per aggredirli». A parlare a Open è Alessandro Verona, responsabile del progetto Capitanata di Intersos, un’organizzazione umanitaria che opera nelle situazioni di emergenza. Sono loro ad aver prestato la prima assistenza ai ragazzi rimasti feriti nelle aggressioni.
A partire dal 2018, Intersos ha iniziato a operare nella provincia foggiana per fornire assistenza socio-sanitaria informale ai migranti che lavorano nell’area. «Qui a Foggia entrano in gioco due fattori» spiega Verona. «Da una parte c’è una presenza non piccola di lavoratori stranieri che stagionalmente arrivano per lavorare nei campi». Presenza testimoniata solo parzialmente dai centinaia di migranti che ogni estate arrivano in Puglia, come aveva raccontato a Open Giovanni Mininni di Flai Cgil.
«Dall’altra, queste persone vivono in condizioni di grandissima fragilità», continua Verona. «Chi vuole offendere e minacciare si sente molto meno in pericolo nel farlo che se colpisse altre categorie». I carabinieri sono riusciti a recuperare le immagini delle aggressioni del 15 luglio grazie ad alcune telecamere presenti nella zona. Ma mentre le indagini proseguono, altri braccianti vengono aggrediti appena una settimana dopo.
La difficile routine dei braccianti è spesso raccontata attraverso le cronache dai ghetti, come quelle del Borgo Mezzanone, sgomberato l’ultima volta l’11 luglio di quest’anno. Ma gli aggressori non si selezionano le vittime in base al luogo di residenza: come racconta Verona, tutte le persone colpite vivono in luoghi diversi dell’area, siano i ghetti della Capitanata o normalissime case in affitto. Persone che spesso si muovono con i propri mezzi per andare a lavoro, senza ricorrere ai pericolosi mezzi di fortuna usati dai caporali nei loro viaggi verso i campi.
L’aumento della criticità
«Negli ultimi dieci giorni la situazione è diventata critica», continua Verona, che parla di veri e propri tentativi di omicidio. I braccianti stessi, assistiti nelle strutture di Intersos, hanno raccontato di un’escalation di violenze da giugno del 2018 fino a quelle di pochi giorni fa. «La situazione è peggiorata, ci raccontano. E non si tratta di qualche episodio isolato: siamo davanti a una catena di aggressioni che scaturisce dall’aumento delle tensioni a livello nazionale, non solo locale».
I medici e i mediatori di Intersos mantengono contatti continui con i migranti che soccorrono (in gran numero subsahariani) e, insieme all’associazione Asgi, tentano di fornirgli un’assistenza a tutto tondo. Sono loro che hanno accompagnato molti degli aggrediti in questi giorni a sporgere denuncia: «Da parte loro c’è un senso di enorme ingiustizia. Non sappiamo fino a che punto queste violenze possano condizionare le reazioni di questi lavoratori».
Il 28 marzo scorso, un ghanese di più di 50 anni, Daniel Nyarko, stava tornando nella masseria nell’area di Borgo Mezzanone dove lavorava come cuoco. Aveva fatto la spesa e stava percorrendo la strada in bici. Daniel è stato ucciso a colpi di pistola da un aggressore ancora ignoto: «A oggi non sappiamo né chi sia stato, né quale sia l’arma usata. La sensazione di impotenza è ai massimi storici».
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