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Carabiniere ucciso: «Lee colpiva, l’altro ha fermato i soccorsi». I due «stavano per scappare»

27 Luglio 2019 - 11:28 Redazione
ucciso a roma
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Nel decreto di fermo la verità sulla notte tra il 25 e il 26 luglio quando il vicebrigadiere Cerciello è stato ucciso: a colpire sarebbe stato Elder Lee. Il suo complice avrebbe bloccato i soccorsi

A poco più di 24 ore dall’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri, Mario Cerciello Rega, avvenuto a Roma nella notte fra il 25 e il 26 luglio, il quadro comincia a essere più chiaro.

Gli indagati e i loro ruoli

Il presunto assassino e il suo complice – 19 anni uno e 20 l’altro, entrambi cittadini americani – hanno un nome e cognome: Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjorth, scrive Silvia Mancinelli su AdnKronos. A commettere materialmente l’omicidio sarebbe stato Elder Lee.

I due ragazzi americani e il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega | Open

La sua spalla, Natale, pur non sapendo che l’amico portasse con sé un coltello (almeno stando alle sue dichiarazioni), avrebbe bloccato il carabiniere Varriale, che quella sera era in borghese con Cerciello, impedendogli di soccorrerlo dopo le otto coltellate.

La sequenza

Nel decreto di fermo, i cui estratti sono stati pubblicati da AdnKronos, c’è la cronaca dell’omicidio, minuto per minuto: Cerciello e Varriale si sono presentati e qualificati, dopo essere stati chiamati da un pusher che aveva denunciato il furto del borsello da parte dei due americani.

A quel punto, Lee avrebbe tirato fuori il coltello e avrebbe pugnalato per 7-8 volte Cerciello: una reazione spropositata – si legge nel decreto di fermo – perché Varriale e Cerciello non avevano tirato fuori la pistola. Numerosi fendenti anche «in zone vitali» che hanno cagionato la morte di Mario Rega.

«Non pensavo fosse un carabiniere, avevo paura di essere nuovamente ingannato» ha detto Elder nel lungo interrogatorio di ieri. Ad aggravare la loro posizione anche il riconoscimento dei loro volti da parte del carabiniere e del derubato oltre a «numerosi oggetti di assoluto interesse investigativo» sia nella stanza dell’hotel che «nelle vicinanze della scena del delitto».

Nelle mani degli inquirenti, oltre ai tabulati e le celle telefoniche, anche i video delle telecamere che li riprendono in piazza Mastai, dove è avvenuto il furto, e nell’hotel in cui i due vengono visti entrare e uscire proprio nell’ora dell’omicidio.

Nella risoluzione del caso, infine, si sono rivelate decisive le testimonianze del pusher, Sergio Brugiatelli, a cui i due americani avevano rubato il borsello, quella del carabiniere sopravvissuto e soprattutto i ricordi del portiere e del facchino dell’albergo dove alloggiava la coppia.

Versioni discordanti sull’arma

Il coltello – e qui ci sono due versioni diverse – sarebbe stato ritrovato in una fioriera all’esterno dell’hotel, anche se non è escluso che potesse trovarsi in camera: gli inquirenti hanno mostrato l’arma ad Elder Lee che l’ha subito riconosciuta.

I due indagati, pur ammettendo le loro responsabilità, avrebbero fornito versioni discordanti su alcuni punti, in particolare sull’occultamento dell’arma.

Le indagini e il pericolo di fuga

I due, accusati di omicidio aggravato in concorso e tentata estorsione, avevano già preparato i bagagli per lasciare l’albergo e ripartire la sera stessa con un volo per gli Stati Uniti.

Ora sono stati trasferiti in carcere, in regime di isolamento per pericolo di fuga, e con il divieto assoluto di incontrarsi.

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