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Quando Alfano era ministro, Salvini era contrario alla spettacolarizzazione degli indagati

29 Luglio 2019 - 23:09 Redazione
«Un ministro dell'interno che twitta su indagini in corso non merita neppure un commento. Il fatto in sé la dice tutta su quel personaggio lì», diceva Salvini 4 anni fa

«Un ministro dell’interno che twitta su indagini in corso non merita neppure un commento. Il fatto in sé la dice tutta su quel personaggio lì». No, non è l’ultimo tweet di un opinionista politico contro Matteo Salvini: è il modo in cui il leader leghista apostrofava quattro anni fa Angelino Alfano.

Era il febbraio 2015, la Lega volava al 14,7% raddoppiando il suo bacino di elettori nel giro di pochi mesi, e su tutte le pagine dei giornali insisteva il caso Yara Gambirasio.

Intervistato da Panorama sulla morte della ragazza, Salvini aveva criticato il modo in cui l’allora ministro dell’Interno aveva dato la notizia dell’arresto di Giuseppe Bossetti, definendolo «assassino» senza aspettare i tre gradi di giudizio.

«Io non sopporto la spettacolarizzazione», aveva detto Salvini. «Chiederei agli inquirenti, agli avvocati, ai magistrati, di fare tutto nel massimo riserbo e nel massimo silenzio. Non dovrebbero dare nessuna notizia, fino al processo non dovrebbe uscire nulla sui giornali».

Quattro anni e mezzo dopo, con una Lega che sfiora il 40% e un ruolo da ministro dell’Interno e da vicepremier, commentando l’assasinio del carabiniere Cerciello Rega, Salvini pubblica su Twitter la foto di Natale Hjorth bendato e scrive: «A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piange è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un carabiniere».

A ricordare l’episodio e a paragonarlo agli interventi sulla cronaca recente è Wil, giornalista del settimanale L’Espresso. «Salvini nel 2015 a Panorama, da eurodeputato e leader leghista», scrive su Twitter. «E Salvini nel 2019, da ministro dell’Interno».

Non è la prima volta che il ministro dell’Interno assume atteggiamenti di questo tipo: aveva fatto lo stesso anche in occasione dell’arresto di Cesare Battisti. In quell’occasione, fu redarguito dal garante dei detenuti insieme al ministro della Giustizia Bonafede.

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