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Milano, aiuta straniero in difficoltà ma rischia il linciaggio: «Mi gridavano “lascialo morire”»

30 Luglio 2019 - 11:39 Fabio Giuffrida
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Le persone «gli camminavano sopra, nessuno si interessava del suo stato»: il racconto di un'avvocatessa

È domenica mattina quando un giovane ecuadoriano di nemmeno 30 anni si trova a terra, sdraiato in una posizione innaturale, a faccia in giù, probabilmente ubriaco. Nel frattempo in tanti, giovani e anziani, passano accanto a lui, in quella distesa verde, nel prato della via Taverna, vicino al fiume Lambro (zona parco Forlanini a Milano), che rimane lì, immobile, nell’indifferenza generale. Ed è questo il dato più inquietante di questa storia. Almeno fino a quando un’avvocatessa, Beatrice Bordino, a passeggio coi suoi cani, nota il giovane e lo soccorre. Apriti cielo.

Razzismo e indifferenza

Le persone «gli camminavano sopra, nessuno si interessava del suo stato», racconta al Corriere della Sera: un’indifferenza generale aggravata dal razzismo. «Brutta tr**a, lascialo lì» grida qualcuno che definisce quel ragazzo in difficoltà, che aveva soltanto bisogno di un aiuto, «un neg**, uno straniero che doveva affogare sul barcone».

Quando la donna chiama un’ambulanza, succede di tutto «Se osi chiamare i soccorsi, ti meniamo maledetta tr**a, bisogna lasciarli morire questi immigrati di me**a, ricordati che i soccorsi li paghiamo noi contribuenti mica questi neg**».

Rischia il linciaggio

Un’anziana donna, poi, invoca la giustizia divina sperando che Dio «affondi tutti i barconi». Altro che aiutare il prossimo, altro che assistere i più deboli o i meno fortunati.

L’avvocatessa a un certo punto ha paura che la picchino. La sua “colpa”? Aver aiutato un ragazzo in difficoltà, a prescindere dal colore della sua pelle o della sua nazionalità.

In quel parco, nelle vicinanze, ci sono anche due addetti dellAmsa (società che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti a Milano, ndr): «Nessuno vuole venire a lavorare qua, sporcano tutto e poi tocca a noi pulire» dicono riferendosi alle feste sudamericane.

«Me ne sono andata tremando. Poi ho fermato due vigili a cui ho spiegato i fatti. Risposta: “Ce ne sono tanti…”. Torno per portare dell’acqua al ragazzo, ma un amico lo stava accompagnando via. Al che mi sono seduta. E ho iniziato a piangere. Nessuno mi farà diventare una non-persona. Voglio denunciare questi comportamenti, non resto in silenzio» ha concluso l’avvocatessa.

Foto in copertina: da Google Maps

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