Scalfarotto (Pd) visita gli americani in carcere, ira di Salvini e Calenda e insulti: «Devi morire, mer*a»
Ivan Scalfarotto (Pd) va in carcere, a Regina Coeli, a trovare i due americani accusati di aver ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, morto durante un’operazione in borghese. Una visita – utile a verificare le condizioni dei due giovani arrestati – che ha fatto infuriare non solo la Lega ma anche (e soprattutto) il Partito Democratico che adesso prende le distanze dal suo gesto.
L’ira di Salvini
Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini ha subito replicato così: «Il Pd va in carcere a verificare che il criminale americano non sia stato maltrattato. Non ho parole! Pazzesco». E apriti cielo.
La distanza del Pd
«È il caldo. Spero che sia il caldo. Perché tra Gozi ieri e Scalfarotto oggi vi giuro che stiamo raggiungendo vette di stupidità mai prima conquistate nella politica contemporanea» ha detto Carlo Calenda su Twitter.
A prendere le distanze anche Alessia Morani, deputata dem: «Lo dico con sincerità: non condivido la visita in carcere al presunto omicida di Cerciello del collega Scalfarotto. Ho fatto tante battaglie con Ivan. Ma questa volta non sono d’accordo. Proprio no».
«Quella di Ivan Scalfarotto è una sua iniziativa personale. Rientra nelle sue prerogative di parlamentare ma ripeto è una sua iniziativa non fatta a nome del Pd», ha chiarito, infine, il segretario dem Nicola Zingaretti.
Minacce di morte e insulti a Scalfarotto
E proprio da quel momento sono arrivate decine di insulti e minacce di morte alla pagina Facebook di Scalfarotto: «Da quando il ministro dell’interno ha rilanciato il mio post su Facebook, in pochissime ore più di 340mila persone lo hanno letto e sono raggiunto da messaggi il cui tenore si può facilmente immaginare». Eccoli.
Poi spiega il perché della visita ai due americani in carcere: «Un’ispezione uguale a quella che ogni parlamentare ha diritto, e secondo me dovere, di compiere in tutte le carceri italiane […] La differenza tra la barbarie e la civiltà sta infatti in un principio che risale al 1200. Si chiama “habeas corpus” e indica che nessuna persona che si trova nella custodia dello Stato può essere punita in alcun modo se non in forza di un giudizio legale […] Sono andato a Regina Coeli non per “visitare” qualcuno, ma per verificare che la Repubblica Italiana sia ancora quella che sta scritta nella Costituzione. La mia non è stata in nessun senso una “visita”, il mio è stato un gesto politico».
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