La misteriosa strage dei delfini italiani: ne sono morti 48 da inizio anno
Il mare sta restituendo i corpi dei Turpsios Trumcatus, detti “delfini a naso di bottiglia”, le cui carcasse sono state ritrovate sulle spiagge dell’Adriatico e del Tirreno. Il cetaceo, che popola da sempre i nostri mari, è minacciato, ma gli scienziati non sono ancora riusciti a capire da cosa.
La fine sulle spiagge
Dall’inizio del 2019 sono stati recuperati i corpi di 48 delfini. A inizio anno il fenomeno sembrava interessare particolarmente il versante tirrenico: 34 animali morti da gennaio, tre dal 30 luglio al 2 agosto. Da giugno in poi, la moria ha preso a interessare anche il mar Adriatico settentrionale: in meno di un mese, sulle spiagge di Friuli, Veneto ed Emilia-Romagna sono stati trovati senza vita 14 esemplari.
Lo stomaco semivuoto
Un indizio interessante, secondo Gianna Fabi, ricercatrice dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Cnr, può essere ritenuto lo stomaco dei delfini morti nel Tirreno: in tutti i casi, è stato trovato semivuoto. «Escluderei che abbiano ingerito della plastica – ha detto l’esperta del Cnr – o che siano stati vittime di un fenomeno inquinatorio rilevante, perché in ambedue i casi si sarebbero trovate delle tracce nell’organismo». E aggiunge: «Le analisi per capire le cause di queste morti sono in corso, ci vorrà tempo».
Ipotesi uno: epidemia
Ma le cause, secondo Fabi, potrebbero essere riconducibili all’attività umana. «Un’epidemia provocata da un agente patogeno proliferato in seguito ai picchi di temperatura oppure alle piogge molto abbondanti che potrebbero avere abbassato il livello di salinità nelle zone costiere. In questo caso – afferma la ricercatrice – si tratterebbe di fenomeni legati al cambiamento climatico contro i quali possiamo fare ben poco, se non cercare di evitare che la situazione peggiori. Forse, ma è solo un’ipotesi, se si riuscisse a capire la natura di questo agente patogeno si potrebbe trovare una cura per questi animali».
Ipotesi due: inquinamento acustico
Potrebbe essere anche un altro tipo di inquinamento la causa della moria di delfini. L’altra ipotesi che potrebbe spiegarne la strage nell’area mediterranea è quella dell’«inquinamento acustico subacqueo, che potrebbe avere alterato il sistema di ecolocalizzazione di questa specie. I delfini – sottolinea Fabi – sono animali opportunisti che possono andare oltre la soglia della tollerabilità del rumore pur di arrivare al cibo. Ma, a lungo andare, questo comportamento potrebbe danneggiare il loro sistema di orientamento: non riescono più a localizzare i banchi di pesce di cui si nutrono, per cui si debilitano e muoiono di fame».
Leggi anche:
- La Groenlandia “si scioglie”: 10 miliardi di tonnellate d’acqua si riversano nell’oceano – Le immagini
- Contrordine a Rimini e Riccione, si può fare il bagno: tornano balneabili 17 spiagge della Riviera
- Puglia, salta il divieto alla plastica monouso in spiaggia: il Tar boccia la Regione
- Una foresta millenaria trasformata in un’industria del carbone: Hambach, vergogna tedesca e d’Europa
- Perché la fusione dei ghiacci in Groenlandia è un problema anche nostro – L’intervista al meteorologo Luca Mercalli
- L’uomo contro l’ambiente: fotografie di un campo di battaglia
- Vibo Valentia, ritorna in mare la tartaruga soccorsa perché aveva troppa plastica nello stomaco
- Lupi alle porte di Roma? Una situazione diventata «insostenibile». L’allarme di Confagricoltura
- I monopattini elettrici inquinano? Incolpare la produzione potrebbe essere fuorviante