Ponte Morandi, scambio di accuse tra Di Maio e Autostrade. La versione dell’azienda sulla manutenzione
Autostrade per l’Italia ha replicato al verdetto dei periti sull’analisi delle condizioni del Ponte Morandi, affermando di «rigettare in toto ogni accusa generalizzata di mancanza di manutenzione».
«Ci si augura che nella fase successiva si possa appurare cosa ha realmente determinato il crollo del Ponte», continua la società, che replica indirettamente anche alla lettura del rapporto presentata da Luigi Di Maio in un post su Facebook. «E come mai nessuno dei sistemi e dei consulenti dedicati al monitoraggio abbiano mai evidenziato alcun rischio. I difetti evidenziati dalla perizia non erano tali da compromettere la tenuta del ponte».
Rapida la replica del vicepremier, che in una nota scrive: «Vedo che Aspi mi attacca nuovamente senza alcun motivo, visto che le mie dichiarazioni odierne fanno riferimento alla relazione dei tre periti del giudice per le indagini preliminari sul ponte Morandi».
«Non è mia la relazione, questo non è un dibattito politico ma ci sono delle indagini e dei tecnici che stanno evidenziando delle gravi mancanze», continua Di Maio. «È dunque inutile che Aspi tiri in ballo me o il M5S. Perché qui non c’è nessun complotto. Qui il punto è che o siamo tutti matti oppure Aspi, forse, ha torto. Farebbe meglio a chiedere scusa».
Il rapporto della perizia
Nella conclusione del rapporto sulle condizioni in cui versava il Ponte Morandi di Genova, crollato il 14 agosto del 2018, i periti incaricati dal giudice per le indagini preliminari arrivano a una conclusione drastica: la manutenzione non è stata sufficiente.
Gli esperti, che hanno esaminato le condizioni di conservazione e manutenzione dei manufatti non crollati e delle parti precipitate, hanno identificato nei trefoli «uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivanti dello zolfo, e cloruri».
I trefoli sono i fili intrecciati che costituiscono un cavo: quelli presenti nella pila 9, la prima a crollare, avevano un grado elevato di corrosione. Il 68% dei trefoli del gruppo primario, situato all’interno del tirante, e l’85% dei trefoli situati più all’esterno, avevano una riduzione di sezione tra il 50% e il 100%.
Ma i difetti sarebbero di vario genere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine, i cavi secondari sono spessi liberi di scorrere e in generale sia le guaine che i cavi secondari rappresentano casi di ossidazione. Anche alcune reti metalliche elettrosaldate, erette per contenere il distacco di calcestruzzo dalle stampelle, sono in uno stato di «grave degrado».
Per i periti del Gip «non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado» e «gli unici ritenuti essere efficaci» risalgono a 25 anni fa.
La perizia è avvenuta all’interno di una inchiesta che vede indagate 71 persone, insieme alle due società Autostrade e Spea. I reati contestati, a vario titolo, sono di omicidio colposo, omicidio stradale colposo, disastro colposo, attentato alla sicurezza del trasporti e falso.
Il commento di Di Maio
Il vicepremier Luigi Di Maio aveva commentato la notizia con un post su Facebook: «Ieri è uscita la relazione dei tre periti chiamati a valutare le condizioni del ponte Morandi – ha scritto – Ci sono tante cose all’interno della perizia che mettono i brividi, ma una in particolare: la mancanza per 25 anni di interventi significativi di manutenzione, praticamente da quando la competenza ha smesso di essere dello Stato».
Nell’intervento insiste sulla revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia, un punto che è sembrato non essere in discussione nemmeno dopo il passo indietro sull’ingresso di Atlantia (la holding dei Benetton) nel salvataggio di Alitalia. «È inaccettabile – scrive – bisogna avviare al più presto il procedimento di revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia. Il nostro compito è anche quello di fare capire, a questi signori, che il governo adesso li controlla, per impedire che il profitto prevalga sul bene collettivo. Questo è il miglior modo per onorare le vittime della tragedia di Genova».
Le nuove minacce del ministro, però, non sembrano penalizzare più di tanto la capogruppo Atlantia in Borsa. I numeri sono già di per sé non positivi: la società, che ha diffuso in giornata i conti del semestre, si muove in linea con un listino già pesante e cede il 2,4% a 22,9 euro alle ultime battute della seduta.
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