Incendi in Sicilia: i roghi alle porte di Palermo sono «dolosi»? Gli interessi in gioco
Settanta persone costrette a fuggire dalle loro case, due abitazioni danneggiate dalle fiamme, auto bruciate, ettari di vegetazione in fumo e costoni rocciosi a rischio di frana. È il bilancio della notte da incubo delle zone di Monreale, le più martoriate dal fuoco tra le province di Palermo e Trapani.
«Forte vento di scirocco, temperature elevate. Ritornano in campo i piromani, delinquenti che accendono il fuoco distruggendo bosco e macchia mediterranea»: a parlare esplicitamente di incendi di natura colposa è oggi Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia. I roghi sono iniziati nella notte, difficili da fermare anche a causa del forte vento: in pochi minuti le fiamme hanno raggiunto tutto, spinte dal vento fino ad alcuni quartieri della città come Falsomiele e Villagrazia. «Dal cielo sembrava cadere pioggia di fuoco», racconta una signora a RaiNews.
«Gli incendi a Monreale e San Martino delle Scale sono certamente dolosi», dice Filippo Principato, dirigente generale del Corpo forestale della Regione Sicilia che insieme all’assessore al Territorio Totò Cordaro ha trascorso la notte nei luoghi degli incendi. «Sono stati trovati quattro punti di fuoco distanti tra loro», dice Principato. «È quanto meno sospetto che attorno a Palermo, nello stesso momento, siano divampati gli incendi. Alla luce di quanto stiamo accertando, pare possa esserci stata una regia».
Lo stesso presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, non usa mezzi termini su Facebook. «Caro piromane, ti piace il fuoco? Vai all’inferno!», scrive il governatore. «Mi piacerebbe guardarli negli occhi e chiedere: perché date fuoco alla vita, perché volete distruggere la bellezza del nostro paesaggio?».
Piromani in azione?
Qual è la logica criminale degli incendi dolosi (se tali dovessero essere confermati dalle indagini)? «È da capire, perché francamente sfugge», dice a Open Calogero Toti, direttore del dipartimento della Protezione Civile regionale. «Ma certo, avere più punti-fuoco in una stessa zona e più fuochi in un’area circoscritta, quando i Canadair e i mezzi aerei non possono più volare e sono minori le possibilità di autocombustione, è significativo. Però non è compito nostro fare le indagini».
L’affondo di Legambiente
«Oggi e nei prossimi giorni assisteremo per l’ennesima volta alle lacrime di coccodrillo, alle tante dichiarazioni nel fermare il fuoco che avanza, per prendere impegni affinché non avvenga più. Ci saranno riunioni tecniche, tavoli con la Protezione civile per salvare la Sicilia dalle fiamme», dice ancora Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia.
«Non ne possiamo più. Non si fa nulla per la prevenzione». L’isola, nel 2017 e nel 2018, ha guidato la tragica classifica degli ettari bruciati, spiega Zanna. Dai dati dell’European Commission Emergency Management Service Copernicus, elaborati da Legambiente, nel 2017 in Sicilia sono bruciati 42.872 ettari di superficie boscata e non boscata (contro i 35.241 della Calabria). E nel 2018, sempre in vetta con 10.250 ettari (seconda sempre la Calabria con 1.874). «Chiediamo più prevenzione, che si facciano le mappe dei terreni bruciati, che è compito dei comuni, ed una macchina organizzativa più efficiente per evitare che avvenga tutto ciò», conclude Zanna.
Molti sfollati sono stati accolti nella scuola Antonio Veneziano di Monreale e per fortuna non ci sono stati feriti nel rogo, visibile dal capoluogo siciliano, che ha interessato monte Caputo e contrada Buttafuoco, nel territorio di Monreale, dove ancora stamane i Canadair effettuano lanci per spegnere gli ultimi focolai.
In copertina foto Facebook Legambiente Sicilia
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