La (fu) legge 40: come funziona in Italia la procreazione medicalmente assistita
È un immaginario datato quello che fa ritenere che avere un figlio, o una figlia, sia – volendo – la cosa più semplice del mondo. Chi è alla ricerca di una gravidanza oggi – in un mondo occidentale moderno, intossicato, frenetico e dai tempi ribaltati – deve avere a che fare con i numeri, spesso freddi e impietosi. Come quelli della biologia, per esempio.
«A 20 anni una coppia che cerca una gravidanza e che non ha problemi di sterilità, quando ha rapporti nei giorni giusti, ha 30 probabilità su 100 di ottenerla», spiega a Open Andrea Borini, past president della Società italiana di fertilità e Medicina della Riproduzione (Sifes-Mr), ginecologo e direttore di 9.Baby, rete di centri per la cura e la diagnosi della sterilità maschile e femminile. E più l’età avanza, più le percentuali si assottigliano.
I numeri della pma
Su quasi 475mila bambini nati in Italia nel 2016, 13.582 (ovvero il 2,9%) sono venuti al mondo grazie alla procreazione medicalmente assistita: 12.125 da pma senza donazione e 1.457 da pma con donazione di gameti (quindi con l’eterologa). Non sono disponibili, al momento, dati più aggiornati: l’ultima Relazione annuale sullo stato di attuazione della Legge 40/2004 in materia di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) risale appunto a quell’anno. La nuova relazione della ministra della Salute Giulia Grillo al parlamento è attesa per luglio.
in Italia nel 2016
12125Nati da PMA Omologa 1457Nati da PMA Eterologa 2.9% di 475mila bambiniL’impianto iniziale della legge
Ma come funziona e come è regolata la procreazione medicalmente assistita in Italia? Sono passati 15 anni dall’approvazione della legge sulla pma: il mondo è cambiato, l’Italia pure e anche la stessa, famigerata legge in questione non si sente tanto bene. «Tutti i limiti della legge 40» potrebbe essere il titolo di un film, o un libro. «Smantellata a colpi di sentenze» il suo sottotitolo, rinvenibile in qualsiasi articolo che ne racconti i tormentati destini.
La legge è entrata in vigore il 10 marzo 2004, a coronamento di un dibattito – come da copione – almeno decennale. 15 anni dopo, quel testo resta in piedi a brandelli, dopo che una serie di sentenze ha cambiato l’impianto originario della norma. Prima di quella data, la Pma era disciplinata da ordinanze dei ministri della Salute, dal codice deontologico che i medici devono obbligatoriamente rispettare e da alcune sentenze.
I paletti
La pma non era consentita su donne over 50 anni, su donne single o in una relazione omosessuale. Non era consentita, ieri come oggi, la maternità surrogata. Con l’approvazione della legge 40, si legge sul sito dell’Associazione Luca Coscioni: «la libertà riproduttiva, fino ad allora considerata parte inalienabile dei diritti della persona, viene regolamentata e sottoposta a restrizioni»
E le restrizioni, nel testo originario della legge (negli anni smantellato), non sono poche, a partire dal riconoscimento all’embrione dello status di soggetto di diritto. Gli embrioni non si possono congelare, non possono rimanere embrioni non impiantati, non possono essere prodotti (per questo) più di tre embrioni che devono essere quindi impiantati contemporaneamente.
Sull’embrione non è possibile effettuare alcuna diagnosi preimpianto, neppure quando i genitori sono portatori di patologia. È vietata inizialmente la fecondazione eterologa, cioè quella che avviene con donazione di gameti (sperma e ovociti) di altre persone. Continua a essere vietata la surrogazione di maternità ma anche la possibilità di utilizzare gli embrioni per la ricerca scientifica.
Gli embrioni non possono mai essere distrutti e devono essere congelati (fino a data da destinarsi). Insomma, una serie di paletti definiti da parte del mondo scientifico e giuridico come lesivi «del diritto alla salute e del principio di uguaglianza».
Il referendum fallito
Refrendum Abrogativo PMA
19 febbraio 2004
Con questi presupposti, all’indomani dell’entrata in vigore, Radicali e Associazione Luca Coscioni hanno subito proposto, un referendum abrogativo insieme ad alcuni partiti di sinistra. Un nulla di fatto: il 25% dei votanti condanna la legge, ma il quorum non viene raggiunto, ricordano ancora dall’associazione Luca Coscioni.
Le sentenze
Lì dove non arriva la consultazione popolare, piovono invece le sentenze. Lo racconta un’immagine nitida delineata da Gianni Baldini, docente di biodiritto alle università di Siena e Firenze e avvocato che ha patrocinato e vinto svariati ricorsi alla Corte Costituzionale proprio sulla legge 40. Racconta a Wired Gianni Baldini: «Dal 2008 a oggi sono state emesse 48 sentenze: da tribunali ordinari, dalla Corte europea per i diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale». Il risultato è una legge 40 completamente diversa da 15 anni fa.
Il primo, decisivo smantellamento arriva nel 2009, con la decisione 151 della Corte Costituzionale. Tre i punti su cui si pronunciano i giudici della Consulta, ricorda l’associazione Luca Coscioni.
È costituzionalmente illegittimo, perché incompatibile con il principio di autonomia del medico e con quello di tutela della salute della donna (e deve quindi essere cancellato dal nostro ordinamento) l’art. 14 della legge 40, nella parte in cui impone un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre embrioni.
La sentenza d’incostituzionalità apre poi di fatto una deroga al divieto di crioconservazione degli embrioni. I giudici della Consulta asseriscono poi che «i diritti del concepito sono in subordine rispetto a quelli della donna».
È il 2012 quando anche la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo boccia la legge 40: «Sistema legislativo incoerente» che viola «il diritto al rispetto della vita privata e familiare», scrivono i giudici, chiamati a decidere sul caso di una coppia fertile, ma portatrice di una malattia genetica (la fibrosi cistica), che ai sensi del testo iniziale della legge 40 non poteva accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni.
E poi c’è il famoso spartiacque del 2014, con la sentenza 162/2014 con cui la Corte Costituzionale elimina il divieto di fecondazione eterologa perché viola il diritto alla salute – dal momento che la sterilità è una patologia, vietarne il trattamento diventa incostituzionale – ma anche quello di autodeterminazione. Restano molti fronti aperti, sull’eterologa, mentre proprio in questi giorni interviene il Consiglio di Stato per portare l’Italia in linea con l’Europa.
Nel 2015 cade anche il divieto di effettuare diagnosi preimpianto sugli embrioni, che «viola il diritto degli aspiranti genitori a conoscere le condizioni di salute dell’embrione».
L’ultima sentenza della Consulta sulla legge 40 risale a pochi giorni fa, il 18 giugno 2019, e va in senso opposto. La Corte costituzionale si è infatti riunita in camera di consiglio per discutere le questioni sollevate dai Tribunali di Pordenone e di Bolzano sulla legittimità costituzionale della legge 40 là dove vieta alle coppie omosessuali di accedere alle tecniche di Pma. In attesa del deposito della sentenza, e quindi di leggere le motivazioni, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che al termine della discussione le questioni sono state dichiarate non fondate. La Corte ha ritenuto che le disposizioni censurate non siano in contrasto con i principi costituzionali invocati dai due Tribunali.
In copertina Ansa/Archivio/Ciro Fusco/Drn
Sullo stesso tema:
- La Cgil appoggia la maternità surrogata: femministe contro Landini: «Sono questi i nuovi diritti?»
- Gucci si schiera in difesa della legge sull’aborto: «My body, my choice»
- L’azienda che dà un bonus a chi fa figli: «La famiglia non è in contrasto con il lavoro» – L’intervista
- Morì di leucemia rifiutando la chemio: condannati a due anni i genitori che l’avrebbero manipolata
- La fecondazione eterologa in Italia? «Un’auto senza carburante»
- Barcellona, come funziona una clinica per la Pma: le tecniche e i programmi per la sterilità maschile
- Francia, Assemblea nazionale apre alla procreazione assistita per donne single e coppie lesbiche
- Milano, «Se rientri al lavoro ti faranno morire»: lavoratrice minacciata in azienda dopo il secondo figlio