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L’acquascooter della Polizia e il figlio di Salvini, il punto della polemica. Lo Muzio atteso per la denuncia

03 Agosto 2019 - 11:03 David Puente
La Polizia e la Questura vogliono avviare le indagini senza fare sconti, ma serve la denuncia di Lo Muzio

Le risposte date da Matteo Salvini al giornalista Valerio Lo Muzio – per il quale Open ha espresso piena solidarietà – sono più quelle di un padre che quelle di un uomo delle istituzioni. Dal sostenere che «i figli vanno tenuti fuori dalla polemica politica» a un ambiguo «vada a riprendere i bambini in spiaggia visto che le piace tanto» è facile comprendere quanto sia coinvolto emotivamente. La vicenda del figlio a bordo di una moto d’acqua della Polizia di Stato ha scatenato l’ennesimo polverone politico dove da una parte si contesta l’utilizzo dei mezzi dello Stato per un piacere personale, dall’altra il trattamento subito dal giornalista di Repubblica a partire dal momento in cui si era permesso di filmare l’accaduto. Sia la Polizia che la Questura di Ravenna vogliono avviare le indagini, ma serve il via del giornalista di Repubblica.

I presunti «poliziotti»

Valerio Lo Muzio racconta a Repubblica quanto gli è accaduto e in particolare l’intervento di due uomini a torso nudo che si erano posti di fronte a lui coprendogli la visuale e intimandolo a non riprendere. Uno di questi, ad un certo punto, dichiara di essere della Polizia. Qualche minuto dopo l’uomo afferma che non è possibile riprendere la moto della Polizia di Stato e nel farlo si qualifica ancora una volta come poliziotto. Di fronte all’insistenza dei due, Valerio Lo Muzio – continuando a riprendere – ricorda a uno di loro che si era identificato come poliziotto, ma questo nega tutto: «Io non mi sono identificato come tale».

Chi erano i due uomini a torso nudo?

Nell’articolo di Repubblica, Valerio Lo Muzio dichiara di aver fornito ai due, a telecamera spenta, il proprio tesserino dell’Ordine dei giornalisti e la sua carta di identità permettendo ai due di fotografarli. Infine, gli avrebbero detto «Bene ora sappiamo dove abiti». In certe situazioni non è facile reagire, la pressione da parte dei due uomini è evidente. Valerio Lo Muzio aveva fornito le proprie generalità a due sconosciuti senza aver chiesto loro di identificarsi come agenti di Polizia chiedendo loro un documento di riconoscimento, prendendo per vero la loro «autocertificazione verbale». Valerio ha commesso due mancanze. Oltre alla mancata richiesta di mostrare un documento che certificasse l’appartenenza alla Polizia di Stato da parte dei due, in nessun momento del video e del racconto riportato su Repubblica il giornalista avrebbe chiesto l’intervento di uno degli agenti in divisa per verificare se erano realmente loro colleghi , ma ricordiamo che di fronte a tale pressione può risultare difficile insistere oltre.

Il fatto è avvenuto a Milano Marittima e sia nel video che nell’articolo di Repubblica si evidenzia l’accento romano degli uomini che cercavano di ostacolare il giornalista. Incuriosito dal logo presente nel costume di uno di questi, noto che si tratta di un marchio romano. Risulta curioso a questo punto capire se si è trattato di sostenitori di Matteo Salvini, turisti a Milano Marittima, o di qualcuno che accompagnava lo stesso ministro durante la sua permanenza in spiaggia. Che siano uomini della sua scorta? Risulta legittimo, da parte del giornalista, chiedere poi a mente più fredda al ministro dell’Interno qualche spiegazione a riguardo, ma quest’ultimo ha preferito rispondere da padre arrabbiato.

La Questura di Ravenna attende il giornalista per la denuncia

Quel che è certo è che Valerio Lo Muzio ha ripreso i volti delle persone che lo hanno importunato, e che lo avrebbero intimorito con la frase «Bene ora sappiamo dove abiti» , durante il suo lavoro. Per venire a capo della vicenda Lo Muzio avrebbe dovuto sporgere denuncia. Quel che è certo è che la stessa Questura di Ravenna lo ha contattato nella giornata di ieri mattina, 2 agosto 2019, affinché si proceda per le vie giudiziarie. Lo stesso capo della Polizia Franco Gabrielli, come riportato oggi da Repubblica in un articolo a pagina 2 dell’edizione cartacea, ha fatto richiesta al questore di Ravenna Eugenio Rosario Russo di fare gli accertamenti e ha assicurato, soprattutto, che non ci saranno sconti nei confronti di coloro che hanno impedito al giornalista di fare il proprio lavoro. Il prossimo appuntamento è per lunedì alle ore 10:30 presso la Questura di Ravenna, dove Lo Muzio è atteso per sporgere la denuncia.

I figli e la politica

Un argomento senz’altro delicato, ma non neghiamo l’evidenza sul fatto che i figli e la famiglia sono da sempre presentati dai politici durante le proprie apparizioni pubbliche e non solo. Matteo Salvini lo ha fatto in particolar modo sui social, mostrando momenti privati in cui si mostra come il padre che è tenendo pur sempre molta attenzione a non mostrare in chiaro i volti dei propri figli. Non solo, li ha citati più volte proprio in ambito politico durante la campagna elettorale polemizzando, ad esempio, contro «Prodi e compagni». Poi ci sono figli e figli, come la figlia di Oscar Luigi Scalfaro – non di certo minorenne – definita in un post del 2014 «una tizia del genere» per via della scorta datagli a seguito delle minacce ricevute dal padre, ormai defunto.

La Polizia e il minorenne a bordo

Non stiamo parlando di un maggiorenne e nel caso si fosse trattato di un adulto la Questura di Ravenna, che ha avviato un accertamento per un eventuale utilizzo improprio dei mezzi dell’amministrazione, non avrebbe grosse difficoltà nel prendere una decisione sul da farsi. Di fatto, la Polizia ha dimostrato negli anni di prestare particolare attenzione ai minori anche attraverso iniziative volte a far conoscere il loro lavoro, come anche quest’anno attraverso l’operazione «Estate sicura» che coinvolge anche la Croce Rossa Italiana. Un esempio lo possiamo vedere dalla pagina Facebook Agente Lisa quando a Cagliari nel 2018 un agente portò con se a bordo di una moto d’acqua un minore. Il post della pagina Facebook della Polizia riprende quello della nonna del bambino, felice per l’emozione fatta provare al nipote salendo a bordo del mezzo insieme all’agente durante il servizio.

Questo tipo di attività non vengono svolte soltanto dalla Polizia di Stato. Anche le altre Forze dell’Ordine come Carabinieri e Guardia di Finanza hanno particolare attenzione verso i minori al fine di avvicinarli e sostenere il loro impegno per la pubblica sicurezza. In tutta questa vicenda la vera polemica è quella dei presunti poliziotti che hanno importunato il giornalista di Repubblica, non il fatto che la Polizia avesse fatto salire a bordo di un loro mezzo un minorenne. Polemica che poi è andata a crescere dopo le risposte del padre Matteo Salvini durante una conferenza stampa dove era in veste politica.

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