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A Malta i 40 della Alan Kurdi. Sea Eye: «L’Italia abbandona le sue responsabilità umanitarie». E Open Arms è ancora in mare

04 Agosto 2019 - 15:27 Angela Gennaro
Tra i 40 a sbarcare, un bambino di 4 anni. Sulla spalla ha una grossa cicatrice: è una ferita di arma da fuoco, segno della sua permanenza nei lager della Libia

«Vous allez à Malte». Ed è un’esplosione di urla e gioia, come sempre avviene in questi momenti, quella che anima nella notte la Alan Kurdi, la nave umanitaria della ong tedesca Sea Eye che mercoledì scorso ha salvato 40 persone nel Mediterraneo centrale.

Quelle stesse persone – provenienti da Ghana, Liberia, Togo, Mali, Camerun e Costa d’Avorio – sono ora appena state sbarcate nell’isola di Malta: le motovedette delle forze armate maltesi hanno effettuato il trasbordo e i naufraghi sono stati portati a terra. Nessuno resterà nell’isola: da qui verranno distribuiti nei vari paesi europei. Germania, Francia, Lussemburgo e Portogallo sono gli Stati che hanno accettato di aderire alla loro ricollocazione.

La Alan Kurdi non è entrata nelle acque territoriali maltesi. Tra i 40 a sbarcare, un bambino di 4 anni. Sulla spalla ha una grossa cicatrice: è una ferita di arma da fuoco, segno della sua permanenza nei lager della Libia.

Sea Eye attacca l’Italia

La conferma era arrivata in serata dal premier maltese Joseph Muscat, che aveva annunciato la disponibilità di Malta allo sbarco dei migranti in seguito alla richiesta di collaborazione del governo tedesco.

Un passaggio che era stato preceduto dal no dell’Italia – con decreto di divieto di ingresso nelle acque territoriali firmato prima dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e poi, di concerto, anche dalla ministra della Difesa Elisabetta Trenta e dal suo collega alle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

La decisione di consentire lo sbarco, spiega Muscat alla stampa, è «segno di buona volontà». «Buon senso» è poi lavorare con altre nazioni per il salvataggio delle vite umane. «Quando siamo stati contattati dal governo tedesco, la Germania era consapevole che non era nostra responsabilità, ma ci ha chiesto di raggiungere a un accordo». I profughi, conferma Muscat, «non resteranno a Malta, saranno redistribuiti, ma sentiamo come nostra responsabilità lavorare assieme».

Duro l’attacco del portavoce di Sea Eye, Gordon Isler. «La rapida decisione di Malta e il loro aiuto sembrano così umani perché lItalia ha invece completamente abbandonato le sue responsabilità umanitarie», scrive Isler su Twitter. Il comportamento di Malta «è normale e legato al diritto internazionale. Il comportamento dell’Italia, invece, è un disastro».

Restano invece ancora in mare i 121 migranti a bordo della nave della ong spagnola Open Arms, in mare tra Lampedusa e Malta. «Ogni minuto che passa la situazione peggiora, i migranti devono essere sbarcati il prima possibile in un porto sicuro», è l’appello della capo missione Anabel Montes Mier in un video postato dalla ong catalana. Ieri sono state evacuate due persone per ragioni mediche.

Anche per Open Arms i tre ministri Salvini, Trenta e Toninelli hanno firmato il divieto di ingresso in acque italiane giovedì scorso.

Le storie delle persone salvate vengono raccolte in questi giorni dalla giornalista spagnola Yolanda Alvarez della Televisión Española, che si trova a bordo di Open Arms. «Abbiamo passato 9 mesi in un centro di detenzione, subendo anche violenze sessuali», racconta una donna.

Un nigeriano di 35 anni racconta che, dopo esser fuggito alle violenze di Boko Haram, è stato costretto a lavorare gratis in Libia. «In Libia lavori e non ti pagano, non puoi essere felice, in Libia esiste ancora il commercio di schiavi», dice.

In copertina Facebook/Sea Eye

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