I lavori “che non aspetti”: dopo il liceo Classico e la laurea in Agraria, «a 24 anni sono diventato coltivatore di cannabis» – Il video
Distese di grano dorato spezzate dalla verticalità verde e argentea degli ulivi. Roberto ferma l’auto per mostrare «un castello dell’Ottocento di vecchi latifondisti altamurani». Il parco nazionale dell’Alta Murgia, che si estende dal cuore della provincia di Bari fino al confine lucano, è un intervallarsi di chiazze verdi e gialle, sotto l’azzurro profondo del cielo pugliese. Tra i casolari di pietra diroccati, Roberto indica con precisione: «Ecco le mie due serre».
Quando la polvere della ghiaia si posa, dietro un orto colorato di pomodori e zucchine giganti, appaiono file di piante di diversa altezza: «Sono varietà diverse», racconta togliendosi il cappello. Roberto Calia ha 24 anni ed è di Altamura, città a forte vocazione agricola famosa per il pane e i prodotti da forno. Ha scelto, dopo il liceo Classico e la laurea in Scienze Agrarie, di avviare la sua azienda agricola: «Benvenuti nei miei 2500 metri quadri di piante di canapa».
La temperatura, sotto le serre, è altissima: «Questo ci consente di non utilizzare luci artificiali e rispettare il ciclo naturale delle piante». Non è un agricoltore che ha ereditato l’esperienza di famiglia, «ma lo studio in università e la passione per questa specie vegetale mi invogliano a sperimentare per ottenere il prodotto migliore». Con gli sbagli di chi rischia, con i risultati di chi osa, Roberto cura da solo il business della sua azienda «e per adesso le cose stanno andando bene».
L’azienda che produce e commercializza i prodotti della sua canapa si chiama Myhempire: Roberto ha creato uno shop online dove vende le infiorescenze di cannabis light, il cui commercio è esploso con la legge 242 del 2016, e i derivati alimentari della canapa. «Abbiamo una birra artigianale prodotta in collaborazione con un birrificio di Poggiorsini, un paesino qui vicino, facciamo pasta e snack ad alto contenuto nutrizionale». I derivati della canapa sono tantissimi e Roberto sogna di aumentare l’esplorazione della coltivazione e degli usi di questa pianta.
«Ma tutto questo, il mio sogno, il mio progetto, i miei investimenti, potrebbero finire», spiega desolato. Con il vuoto normativo che c’è in Italia, dove l’apertura dei cosiddetti grow shop viene lasciata agli umori delle procure e i politici, con una sola dichiarazione, sono in grado di far crollare il mercato della cannabis light, Roberto avverte come problema principale l’incertezza di una legislazione poco chiara. «Il dubbio è un macigno, un giorno una sentenza ti dice una cosa, una settimana dopo un altro tribunale la smentisce – conclude – io e gli altri produttori vorremmo solo delle regole chiare per continuare le nostre attività con sicurezza, per noi e per le migliaia di consumatori».
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