Crisi di governo. E adesso cosa succede?
Matteo Salvini sembra aver chiuso definitivamente ogni possibilità di conciliazione con l’alleato: dopo le sue parole della serata dell’8 agosto («la maggioranza non esiste più») il governo Conte potrebbe avere i giorni contati. Ma come si scioglierà adesso la crisi? Quale sarà il percorso che, come oggi sembra ormai non più evitabile, porterà gli italiani alle urne? E soprattutto, quando si voterà?
Conte: la parlamentarizzazione della crisi
Anche se, probabilmente, Matteo Salvini avrebbe preferito un’apertura immediata della crisi con un Conte dimissionario che avrebbe dovuto consegnare il suo mandato nelle mani del presidente Mattarella in tempi brevi, lo stesso premier, durante la conferenza stampa della tarda serata di ieri 8 agosto, ha chiarito che sarà necessaria una parlamentarizzazione della crisi di governo, per garantire la maggiore trasparenza possibile.
Conte ha inoltre spiegato che chiederà ai presidenti delle Camere che il Parlamento venga riaperto il più presto possibile (Camera e Senato sono in pausa estiva fino al 10 settembre) e al ministro dell’Interno di riferire davanti ai parlamentari le ragioni della sua scelta di far cadere il governo.
Di Maio tiene il punto: «Votare il taglio dei parlamentari»
Un passaggio parlamentare sarà indispensabile per istituzionalizzare la crisi di governo. Probabilmente attraverso un voto di fiducia. È Luigi Di Maio però a rilanciare chiedendo che prima si approvi il taglio dei parlamentari e non è da escludere che i 5 Stelle vogliano forzare la mano chiedendo di porre la fiducia proprio sul quel provvedimento.
Salvini sembra comunque intenzionato a tirare dritto e quindi a sfiduciare Conte. Se succederà (basta che un solo raro del Parlamento voti la sfiducia perché il governo cada) allora a quel punto tutto sarà nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Poi, probabilmente, consultazioni lampo (che fanno parte della prassi istituzionale) e lo scioglimento delle Camere
I tempi tecnici per lo scioglimento delle Camere
Chiudere la legislatura spetta, ancora, al Capo dello Stato che deve firmare il decreto con cui il presidente del Consiglio indice nuove elezioni: prima del voto devono passare dai 45 ai 70 giorni dal provvedimento del presidente della Repubblica. Questo passaggio, e i tempi, sono normati dall’articolo 61 della Costituzione e dal Testo unico 5 febbraio 1948 a cui però va integrata la regolamentazione del voto all’estero: il testo prevede che sia data comunicazione 60 giorni prima del ritorno alle urne. Si potrà votare, quindi, fra i 60 e i 70 giorni dopo lo scioglimento delle Camere.
Quando si vota?
Numeri alla mano, il primo giorno disponibile per il voto è il 13 ottobre ma i tempi per farlo sono strettissimi. Le Camere dovrebbero essere sciolte appena dopo Ferragosto, senza contare che in questo modo l’Italia non riuscirebber a presentare in tempo alla Commissione Ue al manovra di bilancio. Dopo il voto il Parlamento non si potrà insediare prima di 20 giorni a cui dovranno seguire le nuove consultazioni: immaginare un insediamento prima di fine novembre appare irrealistico.