La prima grande battaglia in vista del voto sarà quella del Viminale: ma può restarci Salvini?
Nel momento in cui è stato chiaro che la legislatura nata dal voto del 4 marzo 2018 (solo 17 mesi fa) era già ai titoli di coda, il pensiero di tutti gli addetti ai lavori, rassegnati alla nuova competizione elettorale, è stato lo stesso: ma Salvini mica penserà di gestire la campagna elettorale e il voto tenendosi il Viminale?
Già, perché il ministero dell’Interno è l’organizzatore delle elezioni, per tutti gli aspetti sensibili, dall’accettazione delle liste, alla verifica dei collegi, alle sezioni e agli scrutatori, alla conta dei voti. Ora è chiaro che se il più accreditato candidato alla vittoria può anche “giocare in casa” la partita più importante, allora diventa imbattibile.
Lui, Matteo Salvini, ci conterebbe: ma tiene pronto un piano B, le dimissioni e le redini del ministero affidate al sottosegretario Molteni, che però è un salviniano di ferro. Per questo ci sarà battaglia: sia il M5s sia le altre forze politiche chiederanno un ministro “di garanzia”, neutrale e tecnico. E lo stesso Quirinale ha ben presente la questione, con tutte le sue implicazioni.
Così, se non ci fosse accordo sul caso-Viminale, l’intero governo sarebbe sostituito da un esecutivo incaricato del solo scopo di portare il paese alle elezioni (ed evitare eccessivi scossoni sui mercati finanziari, visto quel che sta già succedendo oggi, con lo spread che schizza e la borsa che cede).
Quel che è certo è che anche su questo tema ci sarà battaglia, in un tutti contro tutti che arriverà fino al momento del voto: e anche sulla data ci si scontrerà, con Salvini che vuole andare alle urne il più presto possibile, e i suoi avversari che cercheranno in tutti i modi di “comprare tempo” per riorganizzarsi dopo il blitz leghista. È chi decide la data delle elezioni? Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno…
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