Dai rider alle chiusure domenicali: tutte le misure a rischio con la crisi di governo
La crisi di governo, dopo il passaggio ufficiale della sfiducia al premier Conte da parte della Lega, è ormai parlamentarizzata. Passi indietro sembrano impossibili e le uniche incertezze sono sulla data del voto, sui tempi dello scioglimento delle Camere e su quale governo porterà gli italiani alle urne, se sarà un esecutivo di transizione o lo stesso governo Conte, probabilmente in esercizio provvisorio.
Oltre ai problemi connessi all’approvazione della legge di bilancio che deve essere esaminata entro il 20 ottobre (e il suo testo programmatico consegnato nelle mani della Commissione europea entro il 15 dello stesso mese), a ridosso della più prossima data utile per il voto, le elezioni anticipate rischiano di far saltare tutta una serie di provvedimenti simbolo delle due forze che fino a oggi hanno guidato il Paese.
Dall’attesa legge sui rider a quella sulle chiusure domenicali, dal salario minimo alla flat tax e al cuneo fiscale, ma anche il reddito di cittadinanza e i navigator: molti dei provvedimenti-bandiera sottoscritti nel contratto di governo rischiano di rimanere lettera morta o di avere un futuro incerto.
Rider
Il Consiglio dei ministri dello scorso 6 agosto, l’ultimo prima della crisi, aveva dato il via libera al decreto legge che prevedeva l’introduzione della nuova normativa sulle tutele per i rider (su cui Luigi Di Maio, con alterne fortune, si era impegnato fin dalla nascita del governo). Il provvedimento era stato varato “salvo intese”: una dicitura che ora getta un’ombra sul suo varo definitivo. Il decreto infatti, avrebbe dovuto essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale il prossimo 28 agosto: data in cui le Camere potrebbero essere già state sciolte.
La legge prevede che le piattaforme digitali che affidano ai fattorini la consegna dei piatti si debbano occupare della copertura assicurativa obbligatoria per i rider, per la tutela in caso di malattia e infortuni sul lavoro. Il dispositivo di legge inoltre stabilisce che il pagamento a cottimo (cioè a consegna) non deve essere quello prevalente, ma che va compensato con quello a tempo. Era stata stabilita anche una retribuzione oraria base, che prevedeva come obbligo per il lavoratore di rispondere ad almeno una chiamata all’ora.
Chiusura domenicale
La chiusura domenicale degli esercizi commerciali della grande distribuzione, un’altra battaglia pentastellata, sarà la prima vittima della crisi. La Lega già da mesi aveva fatto ostruzionismo sulla norma, non considerandola all’ordine del giorno. Da giugno il provvedimento era parcheggiato in Commissione Attività produttive per il secondo ciclo di audizioni, e ormai non sembra più una priorità neppure del M5S.
Reddito di cittadinanza e navigator
Nei navigator il ministro del lavoro sembrava aver individuato lo strumento essenziale per l’operatività del redditto di cittadinanza. Ora le figure sono state selezionate e il contratto che hanno firmato porta la scadenza del 30 aprile 2021. Ma mancano i (soliti) decreti attuativi che concretamente dovrebbero stabilire le modalità operative delle nuove figure professionali.
Inoltre, anche in prospettiva futura, Matteo Salvini sembra intenzionato a fare un passo indietro sul primo fra i punti programmatici pentastellati. Nel suo comizio di Sabaudia del 7 agosto il ministro dell’Interno ha dichiarato: «Non si possono garantire reddito di cittadinanza a tutti e salario minimo, prima bisogna dare lavoro, creare ricchezza, sennò cosa ridistribuisci?».
Flat Tax e cuneo fiscale
Questa volta in campo leghista, anche la riforma fiscale della tassa piatta sembra destinata a non vedere la luce. Ma anche quella annunciata dai 5 Stelle come contraltare alla norma del Carroccio, la riduzione del cuneo fiscale, difficilmente diventerà mai legge. Due provvedimenti definiti recentemente anche dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio, “di destra” e “di sinistra”.
Reddito minimo
Un altro provvedimento considerato “di sinistra”, e che è stato terreno di scontro fra M5S e Pd, e osteggiato dalla Lega, ma anche da parte dei sindacati, molto probabilmente non verrà mai varato, almeno in questa legislatura. Il disegno di legge presentato nell’ormai lontanissimo luglio del 2018 dalla senatrice del M5S Nunzia Catalfo è arenato in commissione lavoro.
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