Perché il taglio del numero dei parlamentari fa slittare le elezioni
Il Movimento 5 Stelle continua a sostenere che l’ex alleato di governo è «troppo attaccato alla poltrona» per avere il coraggio di approvare il taglio del numero dei parlamentari. E, pur di arenare la legge, avrebbe boicottato l’esecutivo prima del voto definitivo, che era previsto per il 9 settembre.
In realtà lo scorso luglio è lo stesso Salvini a postare su Twitter un selfie vittorioso: «Taglio di #345parlamentari, fatto», scriveva il ministro dell’Interno.
Taglio di #345parlamentari, fatto. pic.twitter.com/uJXkZYUG1o
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) July 11, 2019
Dunque poltrone o no, sembrerebbe esserci un’altra ragione per cui la Lega vuole evitare a tutti i costi che venga approvata la legge. E ha a che fare con i tempi della crisi, diventati ormai il principale tema di scontro tra gli ex alleati.
Salvini, infatti, vuole andare al voto il prima possibile per «capitalizzare il consenso della Lega», per dirla con le parole di Giuseppe Conte. Se passasse la riforma, il voto slitterebbe di diversi mesi. Forse è proprio quello che sperano di ottenere i grillini per cercare di recuperare lo svantaggio con il Carroccio.
La riforma
Si tratta di una riforma costituzionale che andrebbe a tagliare il numero dei deputati da 630 a 400 e il numero dei senatori dai 315 ai 200. È stata già approvata in prima lettura, e al Senato anche in seconda lettura, manca l’approvazione in seconda lettura alla Camera e poi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale affinché diventi legge.
Perché fa slittare i tempi del voto
Trattandosi di una riforma costituzionale entro tre mesi è possibile che si chieda un referendum confermativo. Il referendum lo possono chiedere un quinto dei membri di una camera, oppure 500 mila elettori, oppure cinque consigli regionali.
Qualora venisse chiesto il referendum, la Corte di Cassazione dovrebbe esaminare la domanda e dichiarare ammissibile la consultazione: passerebbe un altro mese. Poi bisogna indire il referendum in una data che va dai 50 ai 70 giorni successivi: ancora due mesi.
Non è tutto, anche se il referendum confermasse la legge, devono passare altri 60 giorni prima delle eventuali elezioni. Infatti la norma prevede «che si applichi a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore».
Qualora nei tre mesi dall’approvazione nessuno chiedesse il referendum, ci vorrebbero comunque ulteriori mesi per ridisegnare i collegi. Fatto sta che approvare la legge sul taglio dei parlamentari significa far slittare le elezioni di almeno sei mesi così da votare nella primavera 2020, contando su una rinascita del Movimento 5 Stelle. Inaccettabile per la Lega.
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