Zingaretti chiude all’accordo con i 5 Stelle, ma è pressing sul segretario
Matteo Renzi apre la porta al Movimento 5 Stelle e Nicola Zingaretti la chiude. Questo lo scenario a poche ore dalla convocazione dei capigruppo che, nella giornata di domani 12 luglio, di fatto, calendarizzerà i tempi della crisi di governo. Un botta e risposta, quello fra l’ex premier e il segretario del Pd che sembra acuire lo scontro all’interno di quella che è la principale forza d’opposizione.
Il via libera a un governo istituzionale per bloccare le clausole di salvaguardia (e il conseguente aumento dell’Iva) e per approvare il taglio dei parlamentari, bandiera dei 5 Stelle, era arrivato attraverso un intervista di Renzi al Corriere della Sera. Zingaretti, a stretto giro, risponde dalle pagine del suo blog personale sull’Huffington Post. Un intervento dal titolo inequivocabile: «Con franchezza dico no».
Scrive il segretario dem: «Ho ben chiara la minaccia rappresentata dall’iniziativa di Salvini, addirittura per la tenuta della democrazia liberale, ma il sostegno a ipotesi pasticciate e deboli, non illudiamoci, ci riproporrebbe ingigantito lo stesso problema tra poche settimane». E lancia, in sostanza, la campagna elettorale: «Occorre dunque prepararsi con coraggio e passione alla battaglia politica. Non dobbiamo avere paura ma proprio nel nome dei rischi per la democrazia dobbiamo chiamare alla mobilitazione gli Italiani».
Discorso chiuso, quindi? Parrebbe di no. Intanto quella di Zingaretti, come nel suo stile, non ha i toni della bordata né è un attacco frontale all’iniziativa e all’attivismo di Renzi. Il segretario conclude infatti il post con parole concilianti: «Non si dica chi sostiene queste idee è per far fuori qualcuno, perché ripeto gli avversari io li ho sempre considerati e li considero fuori di noi».
Inoltre, Zingaretti premette che ciò che ha scritto «sono le mie opinioni, ne dovremo discutere senza demonizzare idee diverse, senza accuse o invettive perché davvero siamo in una fase difficile nella quale c’è e ci sarà bisogno del contributo di idee e di lavoro di tutte e di tutti».
Le pressioni
Fin qui le posizioni ufficiali. Ma sul segretario, dicono voci sempre più insistenti, è in atto un pressing. A molti parlamentari dem, che va ricordato sono stati eletti durante la precedente segreteria Renzi, l’idea di un ritorno alle urne fa storcere il naso. Non soltanto per l’eventualità, in un quadro di equilibri fra le correnti mutato, di non poter rimettere piede in Parlamento al prossimo giro. Ma anche perché scontrarsi a breve contro la macchina da guerra Salvini pare a molti un suicidio.
Il ruolo di Franceschini
Le prossime ore, e prossimi giorni, saranno decisivi. Vacanze inesorabilmente saltate per tutti, quindi, anche in casa Pd. Ma soprattutto per i pontieri. E fra questi, dicono i ben informati, l’uomo che da sempre non ha rivali nel tessere la ragnatela delle relazioni e nel conciliare le posizioni in conflitto: Dario Franceschini. L’ex ministro, con la sua Areadem, ha sostenuto Zingaretti all’ultimo congresso e anche recentemente, ha attaccato Matteo Renzi per aver permesso la nascita del governo gialloverde: la «madre di tutti gli errori».
Con un tweet Franceschini invita a «tutti nel Pd a discutere senza rancori e senza rinfacciarsi i cambiamenti di linea» e a procedere uniti e “con la guida del Segretario». La sua posizione nei confronti dei 5 Stelle è però chiara, da quando lo scorso luglio dichiarò che il M5S era diverso dalla Lega e che con esso si poteva «difendere certi valori».
Con questo spirito probabilmente cercherà, ancora una volta, di trovare una sintesi fra la vie delle urne tracciata da Zingaretti e quella del governo istituzionale caldeggiata da Renzi. Dalla sua Franceschini ha l’esperienza e la capacità di saper raccogliere, prevedere, guidare le scelte di chi materialmente dovrà decidere le sorti di questa legislatura per quanto riguarda il versante democratico: i suoi parlamentari.
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