Incidente nucleare a Severodvinsk. Cosa potrebbe essere successo?
Continuano a spuntare nuove indiscrezioni sul presunto incidente nucleare avvenuto a Severodvinsk in Russia l’8 agosto. La vicinanza temporale con l’uscita della serie Tv su Chernobyl non ha fatto che alimentare molte suggestioni sulla vicenda, forse più che giustificate.
Si è parlato di una base militare dove sarebbe esploso un «motore a razzo a propellente liquido», con la morte di due persone e il ferimento di altre sei. Voci anche di una dose piuttosto elevata di «radionuclidi» rilasciati nell’area. Greenpeace ha chiesto un intervento dell’autorità russa in difesa dei consumatori al fine di effettuare dei controlli.
Secondo il Governo americano la ritrosia da parte di Mosca a rilasciare maggiori informazioni sull’incidente, potrebbe spiegarsi col fatto che nella regione si svolgessero dei test su un «missile da crociera a propulsione nucleare». Il fisico nucleare Enrico D’Urso spiega a Open quali potrebbero essere gli scenari in gioco.
Cosa comporta il test di un missile nucleare in breve
«I comunicati parlano di un incidente avvenuto a causa di “una fonte isotopica per un missile a carburante liquido”. Poco, ma abbastanza per ragionarci sopra – precisa D’Urso – Un test su un missile (a testata nucleare o meno) lo si fa con il missile caricato a inerti che simulino massa e distribuzione dei pesi di un missile attivo, poi ci sono le prove vere e proprie che implicano test con missili attivi, ma essendoci il divieto di test nucleari (trattato Cnbt), si può escludere l’utilizzo di una testata nucleare attiva.
I missili, se in fase di test, possono avere decine di problemi, e una bomba costa anche molto più del missile, quindi è bene contenere i costi. Da ciò questa ipotesi può essere scartata. Cosa rimane? Ben poco, ed è estremamente preoccupante».
Prima ipotesi: un «fantoccio» a uranio impoverito
Se non è una bomba la causa della contaminazione, e se il missile è a propellente liquido, mentre c’è stato un aumento momentaneo della dose ambientale nella zona, allora cosa potrebbe essere successo? «Possiamo considerare almeno due ipotesi – continua il Fisico – La prima: il “fantoccio” caricato era all’uranio impoverito, è estremamente economico e riesce a simulare la distribuzione dei carichi di un ordigno vero (l’uranio è uno dei materiali più densi che esistano, ha una densità quasi doppia rispetto al piombo).
Da ciò si spiegherebbe anche come mai c’è stato un picco di radioattività rientrato dopo poco. Sono però presenti immagini satellitari che riportano la presenza di una nave appoggio che è stata usata in alcuni test per un missile a propulsione nucleare, quindi questa ipotesi sembra la meno probabile.
Seconda ipotesi: il missile a testata e propulsione nucleare
Veniamo allora alla seconda ipotesi: «Stavano testando un missile a testata nucleare e a propulsione nucleare: il 9M730 Burevestnik (corrispettivo russo del “Supersonic Low Altitude Missile” o Slam americano). Si tratta di un “normale” missile che porta una bomba atomica, in cui la prima parte della propulsione è data da un normale motore a razzo, mentre la seconda è un motore nucleare.
Questi sono dei normali motori aerei (per la precisione statoreattori) che utilizzano il calore di un piccolo reattore nucleare per generare la spinta. Non avendo gli statoreattori parti in movimento, gli serve una spinta iniziale per potersi “accendere”, e da ciò la necessità di un primo stadio a combustibile chimico tradizionale.
Il vantaggio di questa accoppiata è dato dal fatto che la propulsione può funzionare per giorni, settimane o mesi, senza alcuna necessità di ricarica e portare il suo carico bellico dove si vuole, mentre questo tipo di motore aereo può spingere gli stessi a velocità di molti mach (mach 1 è la velocità del suono), ne è un esempio il Lockheed SR-71 “Blackbird”.
In questo caso, l’esplosione avrebbe comportato la distruzione del piccolo reattore nucleare. Essendo montato su un missile non ci sono schermature molto grosse. E questo comporta anche un vantaggio bellico, in caso di abbattimento ci sarebbe una notevole contaminazione del territorio».
I possibili pericoli di contaminazione
Ammettendo che sia avvenuto quanto previsto in questa seconda ipotesi, quali sarebbero i pericoli? «Pari alla prima ipotesi – spiega D’Urso – se il reattore non è mai stato messo in funzione (l’uranio arricchito è sì più radioattivo dell’uranio naturale o impoverito, ma sempre a livelli molto contenuti, e lo puoi maneggiare con solo un paio di guanti).
Se fosse stato acceso ci sarebbero invece tutti i prodotti di fissione, e sono quelli il vero pericolo, con lo iodio in primis. Da ciò si capisce subito la paura della popolazione e il perché si sia fatta incetta di pillole di iodio, così da saturare la tiroide di iodio stabile, e così espellere immediatamente quello radioattivo».
Il problema è che riceviamo poche informazioni e non abbiamo modo di andare sul posto a fare le analisi. «Per avere prove certe e sapere quale delle due ipotesi sia quella vera si dovrebbero avere o delle analisi su campioni d’aria o acqua o pulviscolo atmosferico, o un comunicato in cui si dica esattamente quanto successo.
Queste ipotesi però non sono realistiche, non tanto perché queste cose sono avvenute in Russia, quanto perché è un comparto militare, e non vuoi né dire a qualcuno che stai facendo nuove armi prima che queste siano pronte, né che stai avendo più problemi del necessario per metterle in opera.
La prima ipotesi è quella che mi preoccupa di meno. La seconda è sia non preoccupante (il combustibile sarebbe nuovo per poter lavorare attorno al missile) che inquietante. Di per sé gli effetti potrebbero essere contenuti, ma un missile a propulsione nucleare può essere l’inizio di una nuova corsa agli armamenti. Queste però sono considerazioni politiche che esulano dall’analisi tecnica del caso in sé».
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