Taglio dei parlamentari, il precedente della riforma prima del voto: com’è andata 13 anni fa
Taglio dei parlamentari: queste tre parole sono diventate il mantra della crisi di governo scatenata cinque giorni fa da Matteo Salvini, dopo mesi di tensione nel governo Conte. Era stata la proposta cui si erano appigliati i Cinque stelle e Luigi Di Maio rilanciandola pochi minuti dopo per rispondere alla chiamata al voto dell’ormai ex alleato di governo.
Oggi, a sorpresa, il colpo di scena del leader del Carroccio, che spariglia. «Ok. Accettiamo la sfida. Votiamo il taglio di 345 parlamentari e poi andiamo subito al voto». Matteo Salvini vuole stanare i grillini, insomma. Ma come funziona, e che tempi ha la questione?
La Costituzione
L’art. 138 della Costituzione prevede infatti che si possa richiedere di indire il referendum costituzionale dopo la seconda votazione da parte delle camere di una legge di revisione costituzionale o di una legge costituzionale. Le camere in seconda deliberazione devono raggiungere la maggioranza assoluta, cioè è necessario il voto favorevole del 50 % più 1 dei componenti la Camera. Non si procede a referendum solo nel caso in cui, in entrambe le Camere, si raggiunga la maggioranza qualificata dei 2/3 dei componenti.
Così non è andata, un referendum è possibile e ora i costituzionalisti di stanno interrogando su modi e tempi di questa (eventuale, manca ancora il quarto e definitivo voto appunto) riforma costituzionale.
Il precedente
Cè un precedente. La memoria, scrive l’Ansa, può correre a quando, a cavallo tra il 2005 e il 2006 il Parlamento approvò in via definitiva la riforma costituzionale del centrodestra, ribattezzata ‘Devolution’, senza il voto favorevole dei due terzi. Quindi, il centrosinistra chiese che si svolgesse il referendum, come prevede la Costituzione.
La Costituzione prevede che devono trascorre dal via libera definitivo almeno tre mesi per consentire appunto la richiesta di procedere a consultazione popolare, ricorda l’Ansa.
La riforma del centrodestra fu approvata alla fine del 2005, quando mancavano pochi mesi alle elezioni politiche con la fine della legislatura a scadenza naturale. Si decise allora di far svolgere il referendum solo dopo le nuove elezioni. Il referendum venne fissato per la fine del giugno dell’anno successivo, due mesi dopo le elezioni politiche. Nella notte tra il 26 e il 27 giugno del 2006, alla fine dello spoglio, risultò che la riforma era stata bocciata dal 61,29 per cento degli oltre 52% di elettori che andarono a votare. E se accadesse anche per il taglio dei parlamentari alla fine votato da questa maggioranza e oggetto del contendere?
In copertina Luigi Di Maio in Senato, 7 agosto 2019. ANSA/Angelo Carconi
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