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Ponte Morandi, nato malato e mai curato: «25 anni fa gli ultimi interventi»

14 Agosto 2019 - 06:25 Redazione
Un pilone "malato", le continue richieste di manutenzione, tanti dubbi, consulenze arrivate troppo tardi e, alla fine, il crollo del ponte con 43 morti e 500 sfollati

Sono le 11.36 del 14 agosto 2018 quando, improvvisamente, crolla il ponte Morandi. 43 morti, oltre 500 sfollati, una Genova divisa in due, tanta disperazione e dolore. La Procura inizia subito a indagare mentre le ruspe si danno da fare per rimuovere le macerie.

Non c’è stata un’adeguata manutenzione

La domanda che i familiari delle vittime continuano a farsi è: perché quel ponte è crollato? Cosa non ha funzionato? Chi ha sbagliato? A dirlo sono i tre ingegneri, a cui il Gip ha affidato una perizia consegnata appena dieci giorni fa. Su quel ponte non ci sarebbe stata un’adeguata manutenzione. O meglio: «Non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado – si legge – gli unici ritenuti ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa», quando Autostrade era ancora in mano pubblica.

Un ponte che – come scrive Il Fatto Quotidiano che ha preso visione del fascicolo conservato negli archivi della società costruttrice Condotte – sarebbe nato già malato. Poco dopo la sua inaugurazione – siamo alla fine degli anni ’60 – i «cavi secondari» risultavano «spesso liberi di scorrere» mentre alcuni trefoli «non erano stati trovati dentro le guaine». E non è finita qui: «In generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale».

Già nel 1968 l’ingegnere Nicolò Trapani, capo dipartimento Anas, scriveva: «Su entrambe le pareti laterali esterne della travata scatolare facente parte dell’elemento bilanciato in corrispondenza dell’attacco dei ritti sono visibili filature capillari con inclinazione a 45 gradi circa». Ad avanzare dubbi anche l’ingegnere Pasquale Prezioso, capo della commissione di collaudo.

La prova di collaudo del 1969

Un ponte che già durante la sua costruzione aveva suscitato qualche perplessità, nonostante l’ingegnere Riccardo Morandi difendesse la sua opera. Poi la svolta nel 1969, con la società costruttrice che comunica di aver fatto una prova di collaudo della pila 11, quella ritenuta “malata” e, dunque, più problematica. Come? Sottoponendo la struttura a un peso enorme, un camion da centinaia di tonnellate.

Ma c’è un però. «Non essendo stato possibile rintracciare un doppio carico eccezionale, la prova sarà effettuata con un unico cartellone» scrive la società costruttrice. Insomma con un camion più leggero. Il peso da utilizzare, ovvero una bobina fornita dalla Marelli, non arrivò a causa degli scioperi in corso, come scrive Il Fatto Quotidiano.

Il pilone 11 “malato”

Sul pilone 11, in realtà, alcuni interventi vennero eseguiti anche se i sospetti che qualcosa non andasse c’erano già da tempo, da quando nel 2001 Autostrade «prese in considerazione l’ipotesi di demolire» il ponte. L’ingegnere Morandi era stato chiaro fin dall’inizio: la sua opera era un gigante debole, segnava una svolta per l’Italia ma andava curato, andava fatta un’adeguata manutenzione.

Autostrade, inoltre, aveva già avvertito l’esigenza di una ristrutturazione completa della pila 9 ma non ebbe nemmeno il tempo di avviare le consulenze (l’ultima risale al primo agosto 2018 con l’università di Genova, dipartimento di Ingegneria Civile) che un parte del ponte crollò con conseguenze disastrose per Genova.

La ricostruzione

Il ponte è stato demolito lo scorso 28 giugno alle 9.39. Verrà ricostruito verosimilmente entro il 2020.

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