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Sparatorie di massa in Usa: chi crede ancora che la colpa sia davvero dei videogiochi violenti?

14 Agosto 2019 - 16:49 Juanne Pili
I videogiochi sono arte, le armi no: facciamo chiarezza sui fattori di rischio delle stragi in Usa

Non è facile avere studi accurati sulla violenza armata negli Stati Uniti, come nelle ultime sparatorie avvenute a Dayton e El Paso. Le cose si complicano ulteriormente se pensiamo che dal 1996 in America non è possibile svolgere ricerche accurate in merito, nei centri di controllo e prevenzione. 

Parliamo quindi della prima causa di morte meno studiata e della seconda le cui ricerche sono meno finanziate, come si evince da uno studio pubblicato su Research letter nel 2017. 

Forse anche per questo si tende a dare con facilità la colpa di tutto ai videogame violenti, cercando di allontanare l’attenzione dalla eccessiva libertà con cui è possibile acquistare delle armi in Usa. Una certa attenzione dovrebbe essere volta soprattutto verso le armi d’assalto, tornate a essere meno difficili da acquistare, spesso collegate alle stragi di massa. 

Come cercare i fattori di rischio, senza pregiudizi

Possiamo però cercare di individuare i punti in comune che le comunità dove sono avvenute queste sparatorie hanno tra loro, ed è quanto è stato fatto in uno studio del 2018, scoprendo almeno quattro fattori di rischio:

  • Politiche lassiste sul controllo delle armi;
  • Disuguaglianze economiche;
  • Scarso accesso ai servizi sanitari;
  • Ridotta capacità di avere interazioni sociali.

Quando non ci focalizziamo su un fattore che riteniamo essere la causa di un fenomeno, evitiamo così di incorrere a dei bias di conferma. I videogame sono molto diffusi, quindi è molto probabile scoprire che chi ha commesso delle stragi (spesso soggetti giovani), avesse in casa una console per giocare. 

Stranamente nessuno cerca di capire cosa mangiassero a colazione i killer, magari potremmo scoprire che fare colazione con latte e cereali sia un fattore di rischio delle stragi di massa. Studi che invece cercano di trovare i punti in comune nel maggior numero di casi, possono esserci di maggiore aiuto, escludendo i pregiudizi nei confronti di un fattore rispetto a un altro.

Contano più le armi o la salute mentale?

Esistono già ricerche di questo tipo, che ci aiutano a escludere fattori altrimenti considerati scontati. Per esempio non ci sono sufficienti conferme che esista un collegamento causale coi disturbi mentali, d’altro canto se nelle comunità in cui queste stragi avvengono è difficile accedere ai servizi sanitari, questi problemi non possono nemmeno essere registrati. Sappiamo però che le malattie mentali da sole non possono essere la causa o il fattore di rischio principale.

Discorsi come quello di Donald Trump che definisce «malati di mente» gli attentatori di Dayton e El Paso, trascurando invece la questione delle armi, lasciano dunque il tempo che trovano. Oggi solo l’1% degli omicidi commessi con armi da fuoco in America sono correlati a patologie psichiatriche, mentre questo vale nel 3% di tutti gli altri crimini violenti.

Povertà e violenza domestica

Il punto riguardante le disuguaglianze economiche non è affatto banale, se pensiamo che si corrobora con altri studi, dove salta fuori che dal 2009 al 2017 il 54% dei killer delle sparatorie di massa è stato violento con dei famigliari, o col proprio partner. 

Sappiamo infatti che tra i fattori correlati alla violenza domestica troviamo spesso la «dipendenza economica delle donne agli uomini» e «restrizioni di accesso al denaro o al credito»; questo ovviamente non significa che “i ricchi” non delinquono mai, o che essere poveri ci renda automaticamente degli assassini – ci mancherebbe – ma è un dato su cui vale la pena riflettere.

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