Le tappe chiare (e da chiarire) della crisi: giorno per giorno, tutti gli ostacoli alla caduta del governo
Quando un governo cade, il premier – dimissionario o sfiduciato – sale al Colle e consegna il suo mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. Questi, in tempi legittimamente più brevi, avvia le consultazioni con i partiti, verifica l’esistenza di una maggioranza parlamentare e, in sua assenza, scioglie le Camere e dispone il decreto per nuove elezioni. Un iter lineare, consolidato negli anni della Repubblica Parlamentare, perfettamente in grado di accompagnare un ciclo legislativo problematico verso la sua risoluzione (e la sua fine).
Ma per far sì che il meccanismo si avvii, c’è bisogno – appunto – che il governo cada. Da quando Matteo Salvini ha annunciato la crisi dell’esecutivo gialloverde e ha buttato sul tavolo l’idea di una mozione di sfiducia contro il primo ministro Giuseppe Conte, la strada verso la fine del governo sembra essere più tortuosa che mai.
Vuoi per una riforma costituzionale in attesa di essere approvata, vuoi per quelle dimissioni del premier che non arrivano senza una “parlamentarizzazione” preliminare della crisi, vuoi per le giravolte dei principali leader del Parlamento, fatto sta che gli avvenimenti delle prossime settimane rimangono al momento estremamente incerti. Tanto che i dubbi che il blitz leghista vada davvero in porto iniziano a balenare nella testa degli addetti ai lavori (e non). Che si tratti o meno di accanimento terapeutico, è certo che, prima che la palla passi al Quirinale, molte cose devono ancora definirsi.
Un punto fermo: il discorso di Conte al Senato
Si parta da quel poco che si è conquistato: il premier Conte formalizzerà la crisi in Parlamento il prossimo martedì 20 agosto. La data è stata decisa durante una “folcloristica” performance in Senato il 13 agosto, dove i vari capigruppo dei partiti si sono attaccati su chi avesse passato più giorni in spiaggia e chi risultasse il più abbronzato dell’Aula. Ma si sa, «quando inizia una crisi è un po’ tutto concesso, quasi come a carnevale» – come cantavano i Bluvertigo nel ’99.
Grazie a un quadro inedito nato in funzione antileghista, formato dal Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e da Liberi e Uguali, i senatori hanno trascinato la parlamentarizzazione della crisi a dopo Ferragosto, frenando la marcia di Salvini verso la prima data utile per le elezioni.
Il destino del premier
La data del 20 agosto potrebbe essere propizia anche per la svolta decisiva, quella della votazione di sfiducia per il premier. Un momento che però potrebbe tradursi in un nulla di fatto se, come preannunciato, Pd e Leu uscissero dall’aula per boicottare la mossa antigovernativa di Salvini e se Conte non decidesse di dimettersi di sua spontanea volontà. Cosa assai probabile, visto che a sei giorni dall’avviso di sfratto il premier è ancora deciso a rimanere dov’è.
Il 21 agosto: il discorso alla Camera
Non è escluso che il premier potrebbe arrivare illeso al “day after”, cioè quando il primo ministro dovrà annunciare alla Camera che il governo non ha più una maggioranza. Un appuntamento che non dovrebbe rispettare se la mozione di sfiducia nei suoi confronti andasse in porto già in Senato: a quel punto il dispositivo leghista avrebbe accompagnato il governo oltre la crisi, e lo avrebbe condotto fino al suo culmine, in cima al Colle da Sergio Mattarella.
L’ostacolo prima del Quirinale: la riforma costituzionale
Qui le cose si fanno più complesse. La prima conseguenza della remissione del mandato del primo ministro è lo scioglimento delle camere. Senza un’attività Parlamentare in funzione, non è possibile portare a termine le votazioni su uno dei cavalli di battaglia del Movimento: il taglio dei parlamentari.
Il primo giorno utile per la votazione sarebbe già giovedì 24. Se il governo sopravvivesse alla rovina fino a quel giorno, i leghisti hanno “promesso” di votare a favore. L’epilogo non è così lineare, considerando che la Lega è lo stesso partito che sperava in una sfiducia a Conte già il 14 agosto mentre accettava l’invito di Di Maio a ballare l’ultimo tango e a mettere il sigillo sulla riforma dei parlamentari.
La riforma, che è costituzionale, potrebbe richiedere l’intervento di un referendum. Qualora si votasse per la sua approvazione, molto difficilmente il Presidente Mattarella vorrà saperne di sciogliere le camere subito dopo l’avvio di un iter di modifica della Carta (che richiederà dai 3 ai 5 mesi, clausola che rimanderebbe di molto il desiderio di elezioni immediate della Lega). Pare che Mattarella abbia detto: «Non sta né in cielo né in terra».
Ancora un ostacolo: la nomina del commissario europeo
L’Unione Europea si aspetta che l’Italia presenti un candidato commissario entro il 26 agosto, così da poter avere i tempi tecnici necessari alla sua valutazione. La data non è estremamente vincolante, ma visto che bisognerà indire le audizioni a settembre, votare la Commissione a ottobre e insediarla a novembre, il rispetto della scadenza è altamente consigliabile.
Last but not least: la manovra
In tutto questo percorso labirintico, il vero Minotauro sembra essere la manovra finanziaria. Sembrano lontani i tempi in cui lo spettro della procedura di infrazione si aggirava minaccioso sull’Italia, ma sono passati solo due mesi. E la condizione che ha salvato il Paese dalla punizione europea sui conti è stata anche la promessa di un aggiornamento sul Def che fosse quantomeno credibile e accettabile.
La scadenza per la presentazione della nota è il 27 settembre, mentre il 15 ottobre è auspicabile che l’Italia dia maggiori dettagli sulla legge di bilancio che intende firmare. Entrambe le date sono piuttosto flessibile, mentre a essere inderogabile è quella del 31 dicembre, dove le sorti dell’Iva dovranno essere messe nero su bianco dal governo – eletto o tecnico che sia.
A proposito di elezioni
Si è partiti da una premessa: il governo non è ancora caduto. Quindi, fino a prova contraria, nessuna elezione è ancora prevista all’orizzonte. Ma qualora l’esecutivo (almeno da parte leghista) dovesse fare sul serio, allo stato attuale delle cose le date utili potrebbero essere tre: il 20 ottobre, il 27 ottobre o il 3 novembre.
Da lì passerebbero tutti i tempi tecnici per la decisione dei ruoli nelle diverse aree Parlamentari – azioni che potrebbero richiedere qualche giorno come qualche mese. I punti interrogativi su chi porterà avanti la manovra di governo si moltiplicano.
Leggi anche:
- Il blitz di Salvini che mette in crisi Di Maio: governo appeso a un filo (leghista). Gli scenari
- Il Pd cerca la polizza per sopravvivere: patto di legislatura col M5S, con o senza Renzi
- Garavaglia (Lega), reddito di cittadinanza: «Il 70% non ne ha diritto». Il M5S: «La più grande cretinata mai sentita!»
- Crisi di governo, Giorgetti: «Governo istituzionale (quasi) inevitabile. Lega meglio all’opposizione»
- Salvini e la tentazione del “soli contro tutti” (che fu fatale all’altro Matteo)
- I dubbi del M5S sulla tempistica tra crisi di governo e caso Siri
- Lettera aperta di Conte a Salvini: «Su Open Arms sleale collaborazione», accusa il premier