Crisi di governo: perché dopo questa settimana niente sarà più come prima
È la settimana del redde rationem per il governo giallo-verde e per capire i destini del processo innescato da Matteo Salvini. Era l’8 agosto, solo dieci giorni fa, quando il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini ha innescato la fine – per come la conosciamo, almeno – della maggioranza M5S–Lega e chiesto di tornare al voto.
Una crisi di governo non certo inattesa, ma dalla tempistica che fa discutere, a Camere chiuse e dopo che, tre giorni prima, il governo aveva ottenuto la fiducia per l’approvazione del decreto sicurezza bis tanto caro proprio a Salvini. «Vi do la mia parola che niente e nessuno mi spaventa e ci spaventa. Andiamo avanti come treni», aveva detto il ministro dell’Interno quel giorno.
Il 7 agosto il voto, al Senato, sulle mozioni Tav, che mette a tabellone la spaccatura della maggioranza. Alle 18 dell’8 agosto, Matteo Salvini rende pubblica una nota in cui chiede al premier Giuseppe Conte di convocare immediatamente il parlamento «per prendere atto che non c’è più la maggioranza». E chiede, Salvini, di «restituire rapidamente la parola agli elettori», lanciando poi la sua campagna elettorale: si candiderà a premier e correrà «da solo».
20 agosto
Il premier Giuseppe Conte, alle 15, sarà in Senato per le comunicazioni del presidente del Consiglio sulla crisi di governo. È a questo punto che si aprono tre scenari che portano a tre esiti differenti: quello delle urne in autunno, quello dell’asse ritrovato tra grillini e leghisti e infine quello di un accordo tra M5S e Partito democratico.
Al voto in autunno
L’ultima volta è stato esattamente un secolo fa: l’Italia al voto in autunno. Un’ipotesi che potrebbe prendere corpo con questo schema: Conte, il 20 agosto, dopo le sue comunicazioni a palazzo Madama e dopo l’eventuale voto alla risoluzione contraria al governo, sale al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e rassegna le proprie dimissioni.
A questo punto il capo dello Stato deve avviare un giro di consultazioni per verificare che in Parlamento ci siano o non ci siano i numeri per un nuovo esecutivo e quindi una nuova maggioranza. Nel mentre il dimissionario governo Conte resta in carica per gli affari correnti. Con questa ipotesi, il disegno di legge di riforma costituzionale per il taglio del numero dei parlamentari salterebbe: non verrebbe messo in votazione per la quarta e ultima volta, come previsto, il 22 agosto e la riforma sarebbe cestinata.
Una volta verificato poi, eventualmente, da parte di Mattarella, l’impossibilità di risanare l’attuale maggioranza giallo-verde o di vederne nascere un’altra alternativa tra Movimento 5 Stelle e Pd, l’Italia potrebbe andare al voto tra fine ottobre e – più presumibilmente – novembre, magari accompagnata da un esecutivo di garanzia per arrivare fino a quella data.
Ipotesi amici (quasi) come prima
20 agosto, Palazzo Madama. Conte, dopo le sue comunicazioni, non attende il voto sulle risoluzioni – per non ricevere un voto di sfiducia e lasciare aperta l’ipotesi di un nuovo incarico di governo – ma sale subito al Quirinale a rassegnare le sue dimissioni al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
A questo punto Mattarella potrebbe o rimandare Conte in Parlamento a chiedere la fiducia oppure accettare le dimissioni del premier e chiedere all’esecutivo di restare in carica per gli affari correnti. Quindi, far partire le consultazioni con le forze politiche.
Se però dovesse tornare in vita l’asse tra Lega e M5S, il taglio dei parlamentari potrebbe avere una chance: il voto verrebbe rimandato ma non salterebbe. Se grillini e leghisti confermassero al capo di Stato la volontà di andare avanti, con nuovi equilibri, l’esito di questa ipotesi potrebbe prendere le forme di un Conte bis o a un rimpasto, magari con più peso ai ministri leghisti per dare voce ai risultati ribaltati venuti fuori dalle elezioni europee.
La terza via
La trattativa tra il Movimento 5 Stelle e Partito Democratico continua. Conte, il 20 agosto, dopo le sue comunicazioni a palazzo Madama e dopo l’eventuale sfiducia, sale al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e rassegna le proprie dimissioni.
Ma a questo punto Mattarella deve verificare che l’ipotesi di una maggioranza alternativa sia reale ma anche, eventualmente, duratura. Da comprendere sarebbero i pesi occupati dalle forze coinvolte, ma anche chi guiderebbe il nuovo esecutivo.
I destini della riforma del numero dei parlamentari non sono, con questa ipotesi, chiari: i dem hanno fino a ora votato contro. Per venire incontro a questa battaglia di bandiera grillina, potrebbero chiedere in cambio una riforma della legge elettorale in senso proporzionale puro?
I giorni successivi
La settimana, oltre alla data del 20 agosto, è fitta di appuntamenti. Alle 11.30 del 21 agosto Giuseppe Conte è atteso anche a Montecitorio per le sue comunicazioni. Passaggio destinato a saltare se il giorno prima dovesse rimettere l’incarico a Mattarella.
Il 22 agosto, come detto, sarebbe previsto alla Camera il quarto e ultimo – definitivo – voto sulla riforma per il taglio dei parlamentari. Riforma che, dovesse andare in porto, potrebbe anche vedere, entro tre mesi, l’indizione di un referendum costituzionale di conferma o bocciatura: non è infatti stata approvata nelle votazioni precedenti con i 2/3 dei voti, ipotesi che avrebbe reso la strada del referendum non percorribile secondo quanto previsto dalla Carta.
Ma – come ripete da giorni Luigi Di Maio – il 22 agosto il voto sul taglio dei parlamentari non sarebbe possibile e verrebbe annullato, se Conte dovesse decidere di rimettere il mandato. E il 22 agosto potrebbe invece essere la data di inizio delle consultazioni. Già il giorno dopo, il 23, Mattarella potrebbe affidare l’incarico per la formazione di un nuovo esecutivo.
Un’altra data importante, infine, è quella del 26 agosto. Il premier (quale?) tra una settimana dovrà indicare all’Unione europea il nome italiano per l’incarico di commissario europeo.
Leggi anche:
- Crisi di governo, Zingaretti sul discorso di Conte: «Rischio di autoassoluzione»
- Crisi di governo, il tiro alla fune tra Renzi e Calenda. L’ex premier: «Pensiamo al Paese non ai partiti»
- «Voleva fregarci tutti e si è fregato da solo». Sembra l’addio del M5S a Salvini. Ma…
- Zingaretti: «No al “governicchio” a tutti i costi, non ho contatti con M5s»
- M5s si aggrappa a Conte: «Abbiamo bisogno di te». Nuovo governo? «Con chi ci sta»
- Scricchiola lo strapotere della “Bestia” di Salvini, il premier Conte lo ha già battuto 3-1
- Esclusivo: la trattativa M5s-Pd continua. Si ragiona anche su Conte Bis con vice dem, e Di Maio ministro
- M5s-Lega, la ministra Trenta avverte Di Maio: «La Lega ha tradito una volta, tradirà di nuovo»
- Renzi ammicca a Forza Italia? Sul Giornale rivaluta Berlusconi: «Tra lui e Salvini c’è un abisso»
- Governo Pd-M5s, la bozza del contratto giallorosso: i due punti che possono far litigare dem e grillini
- Salvini: «Il M5s sceglie il Pd? Lo spieghi a Bibbiano. L’emergenza è dei renziani: paura di andare a casa»
- Salvini prova a non farsi fregare più dai contestatori dei selfie: il suo trucchetto per chi vuole una foto con lui
- L’ira di Salvini sull’intesa contro di lui: «Coi renziani sulla pelle delle mamme di Bibbiano»