È vicino il governo M5s-Pd: lo guiderà un tecnico (come Cantone)? O sarà il Conte bis? Ma spunta l’ipotesi Fico
Nei giorni scorsi vi abbiamo anticipato la probabile nascita di un governo di legislatura (cioè in piedi fino al 2023) tra M5s e Pd. Gli sviluppi confermano appieno quelle anticipazioni, e anche le due diverse ipotesi di guida: una personalità non iscritta alle due forze politiche (come Cantone, ma circolano anche i nomi di Enrico Giovannini e Gianmaria Flick) o un Conte bis. Nel primo caso Di Maio resterebbe vice premier, affiancato da un esponente pd. Si parla del capogruppo alla Camera Graziano Delrio, renziano ma stimato da tutte le anime del partito, o più probabilmente dell’ex ministro dei beni culturali Dario Franceschini, fin dallo scorso anno propugnatore del governo M5s-Pd.
Se sostituito, l’attuale premier Conte sarebbe il candidato naturale per il ruolo di commissario Ue. Ma lui, Conte, vorrebbe guidare anche il nuovo governo, e una parte del Movimento lo sostiene: la sua conferma però declasserebbe Di Maio a ministro, sia pure di peso, e porterebbe a un vice unico, indicato dal Pd. Oltre ai due già citati si fa anche il nome di Andrea Orlando. In caso di Conte bis il nome del candidato in Europa sarebbe quello dell’attuale ministro degli esteri Moavero Milanesi. Ma si va profilando anche una terza possibilità: che, su impulso del Quirinale l’incarico di formare il governo vada al presidente della Camera, Fico. Si ritornerebbe a un anno fa, quando proprio Fico ottenne un mandato esplorativo da Mattarella, e il tentativo fu bruscamente stoppato da Renzi in un’intervista tv da Fazio. Si ricomincerebbe da lì, ma con prevedibili sconquassi nell’assetto di vertice del M5s, con tutti gli altri big ridimensionati, a cominciare da Di Maio.
E non solo: si libererebbe la poltrona più alta di Montecitorio, a cui Fico fu eletto dopo l’accantonamento del candidato indicato dai 5 stelle, che era Riccardo Fraccaro. Ma di sicuro il partito democratico la rivendicherebbe per sé. E anche lì il candidato è quello a cui quella carica fu promessa già sei anni fa, salvo vedersela soffiare all’ultimo: sempre Dario Franceschini. Aggiungiamo, per completezza, una quarta ipotesi, davvero impervia, ma avanzata ieri pomeriggio nel summit m5s a casa di Grillo da chi non digerisce l’accordo col Pd: il governo Conte che resta in piedi senza i leghisti, sostituiti da tecnici. Lo voterebbe chi in parlamento non vuole tornare alle elezioni. Molto improbabile.
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