In Evidenza Governo MeloniRussiaSiria
POLITICAConsultazioniCrisi di governoSergio Mattarella

Consultazioni, è il giorno dei big dei partiti: le posizioni, che cosa diranno a Mattarella

22 Agosto 2019 - 09:03 Maria Pia Mazza
Alle 10 prenderà il via il secondo giorno del primo ciclo di consultazioni al Quirinale. Cosa proporranno i big del Parlamento al Presidente della Repubblica?

Entrano nel vivo le consultazioni sprint al Quirinale. Dopo la giornata di ieri 21 agosto, in cui il presidente Sergio Mattarella ha incontrato i presidenti di Camera e Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, dopo il colloquio telefonico con il presidente emerito Giorgio Napolitano e dopo aver incontrato i rappresentati dei partiti minori, oggi sarà la volta dei big dei partiti più grandi.

Con un ritmo serratissimo, a partire dalle 10, saliranno al Quirinale Fratelli d’Italia, Partito Democratico (11), Forza Italia (12), Lega (16) e Movimento Cinque Stelle (17) e già in serata il presidente Mattarella sarà in possesso di un quadro più complessivo sulla disponibilità (o meno) dei partiti a formare un esecutivo, che sia politico secondo le aspettative del Quirinale o se sarà necessario tornare al voto tra ottobre e novembre. 

Ma cosa diranno gli esponenti dei grandi partiti a Mattarella? Quali soluzioni metteranno sul tavolo per risolvere la crisi di governo? Se nella prima giornata di consultazioni è prevalsa la linea di supporto a un eventuale esecutivo giallorosso su quella del voto anticipato, oggi la situazione potrebbe essere ben più polarizzata. 

La posizione di Fratelli d’Italia

Ad aprire le contrattazioni nel secondo giorno di consultazioni ci sarà il partito guidato da Giorgia Meloni, che verrà ricevuto al Quirinale alle 10. La posizione di Fratelli d’Italia è stata chiara dal primo momento in cui si è aperta la crisi di governo ed è rimasta invariata. 

Dopo il dibattito in Senato che ha portato alle dimissioni del primo ministro, la Meloni aveva dichiarato a chiare lettere: «Giuseppe Conte utilizza parole auliche per nascondere l’obiettivo reale: difendere le poltrone del M5s. Non si può invocare il rispetto della Costituzione e poi tramare per un osceno governo M5s-Pd che ha come unico obiettivo quello di impedire agli italiani di esercitare la loro sovranità, prevista dall’art. 1 della Costituzione».

La leader di Fratelli d’Italia aveva altresì anticipato quanto verrà esposto oggi al Quirinale: «Andremo dal presidente Mattarella a ribadire che Fratelli d’Italia non c’è per nessun inciucio e che chiediamo elezioni subito, perché da elezioni può nascere un governo forte e coeso, capace di difendere gli interessi degli italiani».

La posizione del Partito Democratico 

A varcare la porta dello studio delle Vetrate ci sarà poi la delegazione del Partito Democratico. Dopo la direzione di ieri, in cui i dem hanno approvato all’unanimità la relazione del segretario Nicola Zingaretti, il Pd ha esplicitato la «disponibilità a verificare se esiste la possibilità di dar e vita a una nuova maggioranza parlamentare in grado di dare risposte serie ai problemi del Paese». 

Il Partito Democratico porterà quindi avanti – con cautela – la mozione per un governo di legislatura, anche se non esclude in toto un ritorno alle urne. Perché a minare la nascita dell’esecutivo giallorosso potrebbero esserci alcune richieste emerse dal Nazareno, come quella di stracciare il precedente contratto per il governo del cambiamento, co-firmato con la Lega, o la categorica esclusione del nome di Giuseppe Conte come figura a guida del nuovo esecutivo, onde evitare «l’operazione autoassoluzione» del premier uscente. 

A chiamarsi completamente fuori dalla trattativa c’è Matteo Renzi che, dopo l’animoso intervento in Senato contro il governo gialloverde, fa un passo indietro e lascia la palla a Zingaretti. 

«La guida di questa crisi ora tocca tutta a Nicola (Zingaretti, ndr) – dice Renzi – Io l’ho sottolineato con chiarezza: ho proposto un governo istituzionale, superando il profondo solco che divide Pd e M5S, non per mio vantaggio personale, ma perché c’è seriamente in gioco la stabilità dell’Italia. Per questo ribadisco a priori che starò fuori da questo possibile nuovo esecutivo. E ora questa partita la giocherà lui».

La posizione di Forza Italia

La posizione del partito fondato da Silvio Berlusconi è stata chiarita solo nella tarda serata di ieri, dopo che il Cav ha riunito i suoi a Palazzo Grazioli. Matteo Salvini, temendo il possibile appoggio esterno alla nascita dell’asse giallorosso, ieri ha lanciato un chiaro monito: «Chi va al governo con il Pd non va al governo con la Lega».

Forza Italia, nella serata di ieri, ha ribadito che oggi chiederà il voto subito a Mattarella, così come le altre forze della coalizione di centrodestra, ma sussiste il sospetto che alcuni esponenti del partito berlusconiano possano intervenire in aiuto numerico nel dare la fiducia al governo giallorosso nascente, pur restando all’opposizione. 

La posizione della Lega

«Al voto subito, al voto subito, al voto subito». Il partito del Carroccio, da ben prima dell’effettiva apertura della crisi del governo Conte, ha sempre profilato questa strada. La via del voto anticipato è stata pubblicamente tracciata dalla Lega in primis, quando Conte, dopo il colloquio a Palazzo Chigi con il leader leghista, ha reso noto che «Matteo Salvini è venuto a parlarmi, anticipandomi l’intenzione di interrompere l’esperienza di governo e capitalizzare il voto europeo», aprendo così la crisi nel governo gialloverde. 

E mentre Salvini attacca gli ex alleati del M5s di aver tramato alle sue spalle e di aver pattuito un «accordo (col Pd) da settimane, forse mesi», negli ambienti leghisti si continua a ribadire che i pentastellati «Non ci avrebbero fatto fare la manovra. Conte e Tria ne avrebbero presentata una irricevibile, e si sarebbe scatenato il cancan contro noi irresponsabili».

Ma anche in questo caso non è detta l’ultimissima parola, perché nella giornata di ieri, seppur con massima cautela e massima discrezione, sembravan continuare gli scambi informali tra Lega e M5s, con il sottosegretario Buffagni che, in diretta tv, faceva intendere di essere stato contattato «da un esponente di spicco della Lega», malgrado le smentite di Matteo Salvini.

E se la delegazione leghista salirà al Colle richiedendo ufficialmente nuove elezioni, il pensiero ufficioso pare essere già rivolto alle elezioni amministrative in Emilia Romagna e in Umbria e al ruolo di opposizione che il Carroccio ricoprirà in parlamento con il nuovo esecutivo M5s-Pd. 

La posizione del Movimento 5 Stelle

La delegazione del Movimento Cinque Stelle chiuderà il ciclo di consultazioni al Quirinale. Se da un lato i pentastellati paiono aver accolto di buon grado l’apertura dei dem e i cinque punti programmatici proposti dal segretario Pd Zingaretti, dall’altro lato sembra far fatica a tenere tutte le anime stellate in una direzione univoca. 

Tant’è che molti mal digeriscono un’eventuale alleanza con i dem, anche qualora alcuni esponenti dovessero rimanere fuori (come Renzi, Boschi, eccetera) e vorrebbero affidare la decisione di accordo con il Partito Democratico alla piattaforma Rousseau. 

Ed è così che il Movimento è attualmente avvolto da una grande nube dove tutto sembra ancora possibile: dall’alleanza con il Pd, al ritorno di fiamma con la Lega, passando per l’opzione urne anticipate. I pentastellati, poco prima di salire da Mattarella, dovranno decidere se effettivamente dare il via ufficiale alle contrattazioni con il Pd o meno. 

L’unica apparente certezza è sul nome di Roberto Fico: non sarà lui a essere il nome proposto per guidare un eventuale nuovo esecutivo, in luce del suo ruolo politico attuale di presidente della Camera. «Chi glielo fa fare?», dicono alcuni senatori pentastellati. Ma se l’opzione Conte è già stata categoricamente esclusa dal Pd, e l’ipotesi Fico viene accantonata ufficiosamente per non ledere alla leadership di Luigi Di Maio, quale nome proporranno i Cinque Stelle a Mattarella? 

Un nome forse c’è, e sarebbe al vaglio nelle prime trattative non ufficiali tra M5s al Pd. Si tratterebbe della vicepresidente della Corte Costituzionale dal 2014 Marta Cartabia, docente, costituzionalista e giudice della Consulta dal 2011, che potrebbe diventare la prima donna a diventare inquilina di Palazzo Chigi, dopo tanti “uomini forti”, e tanti «volti noti».

Ma la carta che può sparigliare tutto è ancora in mano al Movimento Cinque Stelle e bisognerà attendere il tardo pomeriggio e il momento in cui verrà calata sul tavolo del Quirinale, per scoprire il suo volto, o il suo colore.

Leggi anche:

Articoli di POLITICA più letti