Consultazioni, su cosa si stava arenando la trattativa Pd-M5S?
A metà pomeriggio della seconda giornata di colloqui al Colle, il quadro è sembrato divenire molto più complicato di quanto sembrasse in mattinata. Tutto è iniziato quando Sergio Mattarella ha incontrato in mattinata i capipartito di Fratelli d’Italia, Forza Italia e del Partito Democratico. E proprio quest’ultimo ha ribadito, tramite le parole di Nicola Zingaretti, quanto detto nei giorni passati: che se si vorrà un’alleanza con il M5S le condizioni del PD «non sono negoziabili».
In particolare i dem contestano al, forse, futuro alleato uno dei provvedimenti più cari ai pentastellati: il taglio dei parlamentari. Per il Pd la sforbiciata non sarebbe accettabile se non inserita in una riforma complessiva che tenga conto anche della legge elettorale e che riprenda alcuni spunti delle proposte di Maria Elena Boschi, poi cancellate dal referendum costituzionale (testo, manco a dirlo, fortemente osteggiato dai Cinque stelle).
L’altra richiesta, forte, è l’abolizione dei due decreti sicurezza approvati dal governo gialloverde, avallati non senza mal di pancia dal M5s che, però, non intende smentire tutto quanto fatto finora su argomenti considerati molto popolari in quella fascia di elettorato che (pare) si si stia spostando dal partito grillino alla Lega.
La reazione del M5s
Da ambienti grillini prima sono circolate voci di malumore. Quindi, la smentita ufficiale e la parola al leader cinque stelle, Luigi Di Maio, che dopo aver incontrato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha dettato altre dieci condizioni. Ampie, ma non indigeribili per il Partito democratico a trazione zingarettiana. Nell’elenco, al primo punto, c’è il taglio al numero dei parlamentari ma non si dice mai che non potrà essere fatta una riforma in senso proporzionale. Se lo schema di gioco piaccia oppure no al Pd non è chiarissimo. In ogni caso, Mattarella ha dato a tutti appuntamento alle 20.
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