I tormenti del giovane Di Battista: Governo sì, Governo no, Governo…
Forse il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle hanno più in comune di quanto credano, visto la tendenza della leadership di entrambi i partiti a sposare posizioni contrastanti. L’ultimo caso riguarda il leader carismatico ed ex giramondo del Movimento, Alessandro Di Battista, che dopo l’ultimo post sul Ministro del Tradimento (leggi Matteo Salvini) è tornato a parlare su Facebook della crisi di Governo.
Innanzitutto per manifestare, seppure in modo implicito, la sua indifferenza (forse sarebbe più corretto dire rigetto) per una eventuale nomina a ministro in un possibile, teorico esecutivo Giallo-rosso. Si era parlato infatti della possibilità che il dicastero di Luigi di Maio passasse nelle sue mani.
Un’ipotesi che Di Battista ha preferito non commentare, per poi – in un’improvvisa e imprevedibile convergenza con Salvini – esprimere su Facebook una netta preferenza per il ritorno alle urne, screditando l’utilità di un nuovo Governo: «Io sono convito che andando al voto adesso, presentandoci compatti e facendo una grande campagna elettorale, prenderemmo valanghe di consensi. Perché Salvini è molto più debole di quanto appaia e perché se si andasse al voto il PD ci arriverebbe spaccato in 2,3 o 4 pezzi».
Pazienza se i sondaggi danno la Lega di Salvini in netto vantaggio sui 5 stelle, pazienza anche se le ultime campagne elettorali – per le amministrative e per le europee – in cui il Movimento aveva fatto leva sulle sue doti retoriche, hanno regalato soltanto delusioni, tanto da far riscoprire a Di Battista il gusto per i viaggi. Pazienza anche se la leadership del Movimento è attualmente impegnata a contrattare un potenziale accordo per formare un nuovo Governo.
Per non essere troppo in contrasto con Di Maio e la parte del Movimento che lo segue, con un’acrobazia di parole Di Battista dice di non escludere però totalmente la possibilità di formare un nuovo Governo. Il motivo sarebbe semplice, riconducibile al suo senso di responsabilità: far sì che non sia l’Europa a scrivere la nuova legge di bilancio.
Che sia un Governo giallo-verde bis, con il Ministro del Tradimento, o un Governo giallo-rosso con il partito di Bibbiano, poco importa. Basta che si rispettino due condizioni: «Via 345 parlamentari e via i Benetton dalle nostre autostrade». Non sorprende più di tanto visto che fino a qualche mese fa Di Battista usava dire che il Pd «non esiste, come Mark Caltagirone».
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