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Il consigliere M5S Barillari vuole boicottare la Nutella: «Sfrutta i lavoratori», sui social scoppia la polemica

23 Agosto 2019 - 09:38 Redazione
Abbiamo cercato di andare a fondo: cosa sta dietro il tweet di Davide Barillari?

«Nutella, buona. Poi scopri che il fatturato della Ferrero è di 10,7 miliardi e condanna i lavoratori alla fame (15 euro al giorno di paga). Io non compro più nessun prodotto che calpesta i diritti dei lavoratori! #consumocritico #boicottaggio #responsabilitasociale». Con queste parole, il consigliere regionale del Lazio M5S Davide Barillari ha attaccato la Ferrero. Il tweet ha scatenato una polemica sui social: molti utenti hanno preso le parti dell’azienda dolciaria piemontese, difendendo il buon operato della multinazionale e le sue politiche di welfare aziendale.

«Lei lo sa che dalla Ferrero non è non è mai stato licenziato un lavoratore? Lei lo sa che in Piemonte intere famiglie hanno noccioleti per Ferrero?» ha scritto una donna, raggiunta da chi fa presente: «in caso di decesso di un lavoratore che lascia minori si occupa di pagare gli studi fino al loro completamento». Un altro ha ricordato: «Ai funerali di Ferrero (fondatore) c’erano tutti gli operai in lacrime». Se è vero che il trattamento dei dipendenti può essere diverso nelle filiali produttive estere rispetto all’Italia e che esistono ombre sulle fattorie turche che forniscono le nocciole alla Ferrero, il consigliere rischia di creare confusione non specificando né l’origine del dato che fornisce né il caso a cui si riferisce.

Secondo un report del 2014, la Ferrero ha infatti stabilimenti produttivi in Paesi dove il valore della moneta è diverso dall’Italia come Camerun, India, Sudafrica, Turchia, Cile, Serbia. In Camerun per esempio il reddito medio mensile al netto delle imposte è di 156,26 euro, mentre lo stipendio di 15 euro al giorno che Barillari accusa la Ferrero di versare rappresenterebbe un salario mensile di 300 euro circa, il doppio di quello medio. Che poi il capitalismo globale sfrutti le asimmetrie salariali è un altro discorso. In un tweet in risposta a un altro utente Barillari specifica che la sua fonte, omessa nel post originale, è un dossier del Fatto Quotidiano del 19 agosto, prodotto da un giornalista del sito d’inchiesta francese Médiapart. Nell’articolo si legge che il 65% delle forniture di nocciole della Ferrero arriva dal Mar Nero, dove i lavoratori stagionali prendono in media 15 euro al giorno, al di sotto della soglia di povertà.

I produttori turchi

La Ferrero, insieme a Nestlé e altre multinazionali, è stata infatti attaccata per le condizioni dei lavoratori stagionali delle fattorie turche che forniscono le nocciole a maggio da molte associazioni e anche da un articolo del New York Times firmato dal giornalista David Segal. In queste piantagioni viene utilizzata manodopera minorile, moltissimi lavoratori sono rifugiati siriani non in regola che operano in condizioni pericolose e di sfruttamento. Sebbene secondo alcuni sindacalisti intervistati da Médiapart, la multinazionale contribuisce a mantenere bassi i prezzi delle nocciole, non si tratta, come si potrebbe intuire dal post di Barillari, di dipendenti Ferrero.

La Ferrero compra un terzo delle nocciole prodotte in Turchia, e ha intrapreso un’azione volta a combattere il lavoro minorile e a stabilire un salario minimo per chi raccoglie i frutti. Ma pensare di monitorare le 600.000 aziende agricole che operano in Turchia resta un obiettivo utopico, dato che il codice del lavoro turco non si applica alle aziende che hanno meno di 50 dipendenti. La Turchia rimane però per le grandi ditte dolciarie il principale fornitore di nocciole al mondo (70% della produzione mondiale) e lo rimane nonostante nella maggior parte dei casi le condizioni di lavoro siano sotto gli standard di decenza.

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