Via libera della direzione Pd a Zingaretti per far partire il governo. Delrio: «La strada è ancora lunga»
«Contro la destra serve un governo nuovo, un governo di svolta, perché la nostra non è una staffetta». Sono queste le parole di Nicola Zingaretti in apertura della Direzione Pd, riunitasi per blindare la decisione sulla possibile alleanza di governo con il Movimento Cinque Stelle.
«Serve una soluzione condivisa e discontinuità – ha proseguito il segretario dem – e troveremo nel presidente della Repubblica Sergio Mattarella il giusto equilibrio per affrontare una difficile crisi». Il segretario del Partito democratico si è poi soffermato sul nodo Conte: «Noi abbiamo accettato il peso della responsabilità nei confronti del Paese. Chiederemo una discontinuità. Potevamo scegliere diversamente? Forse. Ma abbiamo deciso di aprire alla scelta di Conte perché così ha deciso il M5S».
Zingaretti, nel nome della discontinuità con il governo gialloverde, avrebbe anche precisato il possibile asse M5s-Pd non sarà fondato su un contratto, come nel caso dell’alleanza tra M5s e Lega, perché rappresenta «una formula che non regge», dato che «non si può governare senza visione condivisa. Solo così sarà possibile parlare di un governo di legislatura».
Infine, al termine del suo discorso davanti alla Direzione, Zingaretti ha chiesto «un mandato chiaro per dare al capo dello Stato la nostra disponibilità a verificare con il presidente incaricato la possibilità di dare vita ad un governo per il Paese».
La direzione si è chiusa con un lungo applauso e con il voto favorevole e unanime alla relazione del segretario Pd, “macchiato” da un solo parere contrario, per mano di Matteo Richetti. Subito dopo la conclusione della riunione, il dem Graziano Delrio ha confermato che «La direzione ha dato un mandato in pratica all’unanimità al segretario», e che «resta tanto lavoro da fare. La strada è ancora lunga». Anche l’ex premier Pd Paolo Gentiloni ha commentato positivamente il risultato della direzione, confermando che «Ne è uscita una straordinaria prova di unità».
Sul nodo della nomina a vicepremier di Luigi Di Maio è invece intervento l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha precisato come non vi sia un veto sulla sua figura (come dichiatato dal pentastellato Patuanelli nella prima mattinata), quanto più «un problema di struttura di governo», spiegando che «Se c’è un premier del M5S è giusto che ci sia un vicepremier del Pd. Serve a fare comprendere che stiamo entrando in una fase effettivamente nuova».
Orlando si era espresso anche sul voto dei pentastellati sulla piattaforma Rousseau. «Se il voto su Rousseau – ha scritto su Twitter l’ex titolare del ministero della Giustizia dei governi Renzi e Gentiloni – dovesse entrare in conflitto con la procedura prevista dalla Costituzione e incidere sulle decisioni del Capo dello Stato sarebbe inaccettabile. Se si tratta di uno strumento di decisione interna è un altro discorso».
Se il voto su Rousseau dovesse entrare in conflitto con la procedura prevista dalla #Costituzione e incidere sulle decisioni del Capo dello Stato sarebbe inaccettabile. Se si tratta di uno strumento di decisione interna e’ un altro discorso.
— Andrea Orlando (@AndreaOrlandosp) August 28, 2019
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