Anche l’Italia brucia. La Terra dei fuochi, tra i nuovi roghi e la chiusura dell’unico termovalorizzatore
Questo articolo è stato modificato in data 30-08-2019 a seguito di una segnalazione.
Negli ultimi giorni le immagini degli incendi in Amazzonia hanno fatto il giro del mondo, grazie anche all’attivismo dei Paesi del G7 e all’intervento di celebrità come Leonardo di Caprio e Cristiano Ronaldo. Ma anche l’Italia brucia.
Non si tratta però di incendi creati per sgombrare il campo all’agricoltura, ma di roghi illeciti che continuano ad essere appiccati nella Terra dei Fuochi, provocando gravi disagi e seri rischi ai cittadini della zona, a cui va a sommarsi la preoccupazione dovuta all’imminente chiusura del termovalorizzatore di Acerra, l’unico nella regione, previsto per il primo settembre.
I roghi
I dati sui roghi sono ancora piuttosto incerti e contraddittori. Sono una decina le segnalazioni di fuochi tossici solo nelle ultime 48 ore. Fonti della Prefettura di Caserta, per i primi sette mesi del 2019, danno il numero totale di roghi in linea con l’anno precedente, quindi generalmente in diminuzione (una tendenza in atto dal 2012).
Ma, negli ultimi mesi, riferiscono le stesse fonti, si è registrato un aumento nello specifico di roghi di rifiuti domestici – materassi, frigoriferi ecc. ecc. – per un incremento di circa il 19 percento negli ultimi sette mesi rispetto all’anno precedente. Basta andare a cercare nelle pagine Facebook locali per trovare segnalazioni di nuovi roghi di rifiuti nelle vicinanze di centri urbani.
Le spiegazioni possibili sono diverse – la presenza della Camorra che ancora infiltra parte del ciclo di smaltimento, le congiunture internazionali (lo smaltimento della plastica è stato reso più difficoltoso dal blocco dei flussi verso la Cina), la mancanza di un numero sufficiente di personale addetto ai controlli di competenza del ministero dell’Interno e altro ancora – ma ciò che è certo è che a rimetterci sono gli stessi cittadini che temono, oltre a un aumento nei roghi tossici, anche problemi legati allo stoccaggio dei rifiuti urbani.
La chiusura del termovalorizzatore
Per far fronte allo stop per manutenzione del termovalorizzatore di Acerra la Regione ha previsto il trasferimento di circa 40 mila tonnellate di rifiuti fuori dalla Campania. Il resto – circa 42 mila tonnellate – saranno invece destinate a siti di stoccaggio. La conferenza dei servizi della Regione, che si è conclusa il 27 agosto, ha scelto di destinare i rifiuti a quattro siti: Casalduni, Caivano, San Tammaro e Polla, tutti comuni di qualche migliaio di abitanti.
La durata della “sosta” dovrebbe essere di soltanto 90 giorni dopodiché tutto dovrebbe tornare come prima. Il vicepresidente con delega all’ambiente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola, vice del Governatore Vincenzo de Luca rassicura, dicendo che «è decisamente da escludere qualsiasi rischio di stoccaggio con tempi indefiniti». Ma – ed è comprensibile – i residenti non si fidano, anche solo per la memoria delle recenti crisi dei rifiuti.
I comuni preoccupati, tra roghi e i nuovi siti di stoccaggio
Sempre il 27 agosto i primi cittadini di 19 comuni nel casertano avevano sottoscritto una lettera indirizzata ai ministri Sergio Costa, Matteo Salvini e Elisabetta Trenta in cui chiedevano «una risposta coordinata, risoluta e tempestiva», nuovi impianti di compostaggio per l’umido, del «compostaggio domestico» e del «compostaggio di comunità» e più risorse per vigilare il territorio.
Inoltre, per far fronte al periodo di chiusura del termovalorizzatore, Legambiente ha invitato i cittadini a non conferire la raccolta indifferenziata, riducendo la produzione dei rifiuti. Ma la preoccupazione cresce. In un’intervista a Open, il presidente Legambiente Campania, Mariateresa Imparato, avverte del rischio di una «insurrezione popolare». A Lusciano, paese del casertano, migliaia di persone sono scese in piazza il 26 agosto per protestare contro i roghi incontrollati.
«Chiediamo una bonifica della terra dei fuochi, la chiusura del ciclo dei rifiuti e la creazione di una cabina di regia permanente che monitori tutto il territorio – aggiunge Imparato -. Lanciamo un appello alla classe dirigente per una vero monitoraggio, e un altro ai cittadini, che facciano di questa emergenza un’occasione».
Caivano,«Così ci condannate alla paura»
In una delle città in cui verranno indirizzati i rifiuti, Caivano, un comune di circa 37 mila abitanti della città metropolitana di Napoli, c’è chi teme che il sito di stoccaggio e il conseguente incremento nel numero dei rifiuti possa essere accompagnato da nuovi roghi.
Marzia Caccioppoli, dell’associazione Genitori di Tutti (comitato Niobe) e residente di Caivano, racconta di aver perso suo figlio per una malattia che aveva origini ambientali e dice di essere, come gli altri genitori «molto allarmata»: «Il nostro dubbio, la nostra paura è dovuta al fatto che la nostra terra è sottoposta a uno smaltimento tossico di micro-imprese e vengono appiccati roghi continuamente».
A Caivano, racconta Caccioppoli, i roghi sono all’ordine del giorno. «Quest’ultima decisione [il sito di stoccaggio in città ndr] è un danno sul danno. Vuol dire condannare ulteriormente la gente non soltanto alla morte ma anche alla paura. Oggi sono andata a fare una denuncia di un rogo tossico: quattro ragazzi in bicicletta mi si sono avvicinati perché spaventati. Avevano paura di morire».
Leggi anche:
- Attivisti “No Grandi Navi” e “Fridays for Future” occupano il red carpet a Venezia
- Esplosione in una raffineria Eni nel Pavese
- Incendi in Sicilia: i roghi alle porte di Palermo sono «dolosi»? Gli interessi in gioco
- Amazzonia, Leonardo DiCaprio dona 5 milioni di dollari: «I polmoni del pianeta sono in fiamme»
- Ai funerali di Nadia Toffa i ragazzi dell’Ilva di Taranto e le mamme della Terra dei fuochi
- L’Africa è in fiamme, più dell’Amazzonia: 10.000 incendi tra Angola e Congo
- Attivisti “No Grandi Navi” e “Fridays for Future” occupano il red carpet a Venezia