Test d’ingresso a Medicina: una batosta per studenti e famiglie, costi fino a 600 euro
Si apre una nuova stagione di test di ingresso. Il prossimo 3 settembre si svolgeranno quelli per l’accesso a Medicina e Odontoiatria. Una sola data su tutto il territorio nazionale, correzione centralizzata e una graduatoria unica. A differenziare i futuri studenti una sola cosa: la quota di iscrizione. Secondo Skuola.net ogni studente dovrà spendere in media 49.06 euro. Una quota di iscrizione che varia da ateneo ad ateneo.
Le quote
Si parte dalla quota simbolica fissata dall’università “Bicocca” di Milano, 10 euro, ma si può arrivare fino ai 100 euro chiesti sia dall’università della Campania “Luigi Vanvitelli” che dall’università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” (che richiedono la cifra massima tra gli atenei esaminati). Ci sono poi atenei che richiedono cifre superiori ai 100 euro, ma si tratta di realtà private dove il test si svolge in date diverse e che si sobbarcano anche i costi di redazione e correzione dei test. Tra le altre università dove l’accesso alle prove di ingresso costa di più da segnalare Ferrara che ha portato la tassa d’iscrizione a ben 80 euro (l’anno scorso ne chiedeva 60) al contrario di Messina, che dai 90 euro del 2018-2019 ha riportato la tassa a ridosso della media nazionale (ci vogliono 50 euro per candidarsi al test, come nella maggior parte degli atenei statali). Tra le università più “accessibili” c’è quella dell’Insubria (Varese) che da anni chiede solo 20 euro. Mentre a Catania, Padova, Roma Tor Vergata, Trieste e Sassari si accontentano di 30 euro.
Libri e corsi
Ma l’iscrizione non è l’unico scoglio economico che le famiglie si trovano a fronteggiare. Per sperare di ottenere uno dei pochi posti disponibili, si stima che entri 1 aspirante su 6, i candidati ricorrono spesso a corsi preparatori e libri di simulazione. Su 500 ragazze che sosterranno la prova, secondo un sondaggio di Skuola.net, più di 1 su 4 (il 28%) ha speso oltre 500 euro per aumentare le probabilità d’accesso, l’11% tra 300 e 500 euro, un altro 28% tra 100 e 300 euro, solo 1 su 3 ha limitato l’esborso sotto i 100 euro.
Fondi mancanti
Cifre a cui il ministero dell’Istruzione ha provato quest’anno a mettere un freno invitando le università a organizzare corsi di preparazione, gratuiti, attraverso lo stanziamento di fondi. Fondi a cui, però, non tutti gli studenti hanno potuto accedere: 1 su 4 è sicuro che nell’ateneo in cui tenterà il test non sono stati previsti corsi di preparazione. Ma, anche laddove le università hanno allestito delle sessioni di preparazione ai quiz, la partecipazione è stata scarsa: meno della metà (47%) vi ha partecipato. Due i motivi: da un lato il fatto che quasi tutti i corsi erano a numero chiuso, dall’altro la non gratuità delle lezioni. Solo il 50% dei partecipanti dice che non ha dovuto pagare nulla, il 19% meno di 100 euro, il 25% tra 100 e 200 euro, il 6% più di 200 euro. Gran parte degli atenei – come Milano, Padova, Parma – hanno effettivamente offerto corsi frontali gratuiti. Altre, però, hanno previsto il pagamento di una somma più o meno ingente: a Salerno, ad esempio, la richiesta era di 200 euro per 120 ore di lezione, alla Federico II di Napoli di 130 euro per 100 ore di lezione, a Siena 79 ore di corso erano quotate 400 euro. Meno comunque di quanto avvenuto nella piemontese “Avogadro”, dove per 76 ore di lezione l’esborso ha toccato la cifra di 900 euro.
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