Di Battista ci riprova, a gamba tesa sulla trattativa M5s-Pd: «L’ultimatum ve lo daranno gli elettori»
Alessandro Di Battista dice la sua nelle convulse ore della trattativa sulla nascita del governo giallorosso, in bilico dopo le dichiarazioni di ieri di Luigi Di Maio all’uscita dalle consultazioni con il premier incaricato Conte. Di Battista è considerato fra i più ostili all’accordo con il Pd che a più riprese e con toni che sarebbe eufemistico definire forti ha attaccato negli ultimi anni.
Con un post su Facebook il “pasionario” del Movimento 5 Stelle respinge al mittente le accuse arrivate dal Nazareno che definiscono i 20 punti programmatici esposti da Di Maio come un ultimatum. Scrive Di Battista: «È davvero paradossale il fatto che quelli del PD considerino “ultimatum” idee e soluzioni sacrosante per il benessere collettivo. Oltretutto nei 20 punti presentati ieri ci sono quelle riforme che il PD e i suoi derivati hanno promesso per 20 anni senza mai realizzarle preferendo cedere agli ultimatum (quelli veri) di Berlusconi».
Il popolare “Dibba” sembra tornare al parallelismo del Movimento delle origini Pd-Pdmenoelle e parlare all’elettorato storico dell’era di contrapposizione al Cavaliere e a un centrosinistra che non riusciva a proporre alternative. Il bersaglio quindi, più che il “traditore” Salvini, per Di Battista è ancora il PD che «dovrebbe preoccupare degli “ultimatum” che gli hanno dato ripetutamente milioni di elettori o ex-elettori».
Sono gli elettori, sempre secondo Di Battista, ad aver detto al PD «”o fate una legge sul conflitto di interessi o andate a casa”. Sono loro – continua – che hanno votato Sì al referendum sull’acqua pubblica e ancora aspettato che venga rispettato. Sono loro che oggi chiedono a gran voce la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton. Il Movimento gli ha messo su un piatto d’argento soluzioni e proposte e loro si lamentano pure?».
Ma nell’intervento di Di Battista c’è anche spazio per la tattica e la real politic. Ricorda infatti che il Movimento ha «un enorme potere contrattuale». Ma la chiusa è ancora una stoccata al Partito Democratico che, se non accettasse le condizioni poste da Di Maio, dimostrerebbe di non essere disposto a «redimersi dopo anni di regalie». Ma regalie a chi? Ai Benetton. Dimenticando forse che uno degli ultimi atti del governo gialloverde è stato aprire all’ingresso di Atlantia nel salvataggio di Alitalia.
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