Alta tensione a Hong Kong: i manifestanti assediano l’aeroporto, scontri durissimi con la polizia
Ennesimo giorno di proteste a Hong Kong. Dopo gli scontri e le violenze di ieri – 31 agosto – i manifestanti puntano di nuovo a creare grossi disagi, come la paralisi delle vie di comunicazione e la cancellazione dei trasporti.
Ancora una volta, dunque, hanno occupato l’aeroporto internazionale della metropoli, tra i più trafficati a mondo, con l’obiettivo di fermare i voli in partenza e in arrivo. Già due settimane va un sit-in del tutto simile a quello di oggi aveva mandato letteralmente in tilt l’hub aeroportuale, provocando la cancellazione di quasi un migliaio di voli.
Treni veloci e pullman diretti allo scalo sono già stati sospesi su richiesta del governo. E le strade dell’area sono letteralmente congestionate, con chilometri di auto ferme in coda.
Mentre in centinaia assediano l’aeroporto di Hong Kong, la polizia in assetto anti-sommossa minaccia continuamente di intervenire annunciando «operazioni per disperdere la folla». Alcuni manifestanti hanno usato i carrelli per le valigie per costruire delle barricate.
La tensione resta altissima. Si contano già decine e decine di arresti e altrettanti sono i feriti. Le persone fermate sono accusate di «partecipazione a manifestazione non autorizzata e danneggiamenti». Intanto, dall’altra parte di Hong Kong, diverse centinaia di dimostranti si sono radunate fuori dal consolato britannico ad Admiralty, sventolando l’Union Jack al coro di «Dio salvi la Regina».
Questo è il tredicesimo fine settimana consecutivo di proteste e scontri del fronte pro-democrazia nell’ex colonia britannica. Nonostante i divieti imposti per la prima volta dalla polizia contro le manifestazioni, i dimostranti sono scesi in strada e si sono radunati in luoghi simbolo.
Un folto gruppo si è per esempio riunito nel quartiere dello shopping, Causeway Bay, e scandisce le ragioni della protesta stabilite dal movimento pro-democrazia: «No all’estradizione di cittadini di Hong Kong verso la Cina, no alla persecuzione penale di attivisti, no a elezioni manipolate da Pechino, no alla marchiatura dei leader della protesta».
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