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Reddito di cittadinanza, la fase due: partono le chiamate per i disoccupati

01 Settembre 2019 - 07:51 Alessandro Parodi
Il ministero del Lavoro stima che siano circa 704mila i beneficiari che dovranno, come previsto dalla norma pena la perdita del sussidio, sottoscrivere il "Patto per il lavoro"

Scatta la fase due del reddito di cittadinanza. Fino a oggi i beneficiari avevano visto riconosciuto il loro diritto ad avere il sussidio, ma ora dovranno mostrare di essere disposti ad attivarsi nella ricerca di un lavoro. Da lunedì 2 settembre partono infatti le “chiamate” da parte dei Centri per l’impiego. A venire convocato sarà chi ha ricevuto la carta prepagata tra aprile e luglio.

Ma cosa si impegna a fare chi firma quel documento? La norma stabilisce che «il beneficiario deve collaborare con l’operatore addetto alla redazione del bilancio delle competenze e rispettare gli impegni previsti nel Patto per il lavoro, tra i quali rientra quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue (una in caso di rinnovo)». Alla definizione di ciò che è “congruo” concorrono tre fattori: la coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate; la distanza del luogo di lavoro dal domicilio e i tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico; durata dello stato di disoccupazione.

I motivi del ritardo

L’iter è partito con una serie di ritardi. La legge stabiliva che la ricerca di un’occupazione avrebbe dovuto prendere il via 30 giorni dopo aver incassato il reddito, ma sono passati ormai cinque mesi da quando i percettori hanno ricevuto il sussidio. A rallentare le procedure è stata soprattutto la macchinosa selezione dei navigator e l’assegnazione delle figure alle varie regioni. In pratica solo a fine giugno i tutor dell’impiego hanno potuto iniziare a lavorare.

Il ministero del Lavoro stima che siano circa 704mila i beneficiari che dovranno, come previsto dalla norma pena la perdita del sussidio, sottoscrivere il “Patto per il lavoro”. Sono uno su tre fra i percettori del reddito di cittadinanza. I rimanenti due terzi dovranno siglare il patto sociale con i comuni o non hanno obblighi collegati alla percezione del sussidio. In realtà, il decreto attuativo che doveva formalizzare la nascita del patto del lavoro non è mai andato in porto e oggi chi verrà chiamato apporrà la sua firma sotto al “vecchio” patto di servizio pensato per chi si iscriveva alle liste di collocamento.

Il decreto stabilisce anche i principi secondo cui valutare la distanza, a seconda dell’anzianità di percezione del sussidio. Per i primi dodici mesi di «è congrua un’offerta entro cento chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta, ovvero entro duecentocinquanta chilometri di distanza se si tratta di seconda offerta, ovvero, ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta».

Sul territorio

Secondo quanto riportato da Anpal Servizi la maggior parte delle chiamate partiranno dalle regioni del Sud. Circa il 65% dei beneficiari infatti proviene da Campania (178.370), Sicilia (162.518), Calabria (64.057) e Puglia (50.904).È evidente che i navigator non avranno un compito semplice, visto che si tratta delle regioni dove le possibilità di lavoro sono più basse. Se la media nazionale stima per ogni navigator l’assistenza a 236 disoccupati , al Sud dovranno occuparsi di 379 percettori del reddito di cittadinanza in Campania e Sicilia, 377 in Calabria. Al contrario in Lombardia e Veneto ogni navigator avrà in carico 102 persone in cerca di lavoro.

Dopo un anno, «è congrua un’offerta entro duecentocinquanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario nel caso si tratti di prima o seconda offerta, ovvero, ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta«; se il beneficio è innovato, «è congrua un’offerta ovunque sia collocata nel territorio italiano anche nel caso si tratti di prima offerta». La distanza è ridotta a 100 chilometri se in famiglia sono presenti persone con disabilità.

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