Cos’é il “guilty pleasure”, e cosa c’entra con l’ultima stagione de “La Casa di Carta”
Mangiare Nutella direttamente dal barattolo, a cucchiaiate. Sdraiarsi sul letto nudi e passarsi sul volto il phon acceso. Stendersi sul divano dopo il lavoro e fare zapping da un programma trash all’altro. Piaceri. Ma non solo.
Piaceri che sono conditi da un senso di colpa, qualcosa che diventa difficile da raccontare agli altri. Che preferiamo tenere nascosto e non condividere con nessuno. Esistono gallery, articoli di giornale, post e hashtag che raccolgono questi piccoli piaceri.
Odeta Catana, fotografa romena, ha realizzato un progetto fotografico proprio su questo tema. Con una serie di scatti ha ritratto persone intente a dedicarsi ai piaceri più diversi, come dipingersi il corpo o mangiare cibo per bambini. Scatti intimi, e coraggiosi. Perché spesso quel sentirsi in colpa nasce proprio dal pensiero di come gli altri potrebbero reagire davanti a questi segreti.
I campi a cui si riferiscono spesso sono due: film e cibo. Si parla quasi sempre di prodotti che certo non vengono apprezzati dalla critica. Film con budget basso e scelte di produzione discutibili, e junk food pieno di calorie e con valori nutritivi che poco si adeguano ai modelli di fitness attuali.
Se non avete visto le prime due stagioni de La Casa di Carta siete cortesemente pregati di fermarvi qui. Potete sempre dedicarvi al vostro guilty pleausure preferito
Il rischio Prison Break
Il lancio della terza stagione de La Casa di Carta ha indubbiamente incuriosito i fan. La serie Netflix, ideata da Álex Pina, è la serie di lingua non inglese più vista tra quelle in catalogo sulla piattaforma di streaming ed è l’unica serie in lingua spagnola ad aver vinto il premio Miglior serie tv drammatica agli Emmy.
Il rischio però, almeno a livello di trama, era evidente. Ed è lo stesso che aveva colpito un’altra serie tv: Prison Break. Trasmessa la prima volta nel 2005 dalla Fox, la prima stagione di Prison Break si basava su un impianto narrativo molto originale.
Brevemente. Un uomo intende entrare in una prigione statunitense, il carcere di Fox River, per liberare un altro detenuto. Prima di farsi incarcerare si tatua sul corpo tutta la mappa della prigione, segnando le vie di fuga necessarie e piani per superare muri e ostacoli.
La fuga riesce, nella prima stagione. E poi la serie perde un po’ di mordente, anche se riesce comunque ad affermarsi come un buon prodotto. Si trasforma in un thriller, con scene d’azione e risvolti politici.
Le critiche alla terza stagione
Il piano del professore ne La Casa di Carta si esaurisce nella seconda stagione. E così imbastirne una terza sembrava naturalmente forzato per la trama. Con qualche capriola di trama gli autori riescono però a mettere in piedi un impianto molto simile a quello che ha appassionato gli spettatori.
Un edificio governativo da svaligiare e un piano complesso da portare avanti. Un po’ come all’inizio. La replica funziona, perchè ci siamo affezionati ai personaggi e i colpi di scena non mancano ma forse, appunto, sembra proprio una replica. Come molte critiche hanno evidenziato.
Eppure la guardiamo, magari sentendoci anche in colpa perché stiamo perdendo tempo a vedere qualcosa che ha un sapore di già visto. Non è nuova, non è bella come le prima. Potremmo scoprire altro ma preferiamo restare su quello che già conosciamo.
I film che diventano un guilty pleasure
Il sito IMDb, Internet Movie Database, ha raccolto un elenco dei film che possono essere archiviati sotto l’etichetta Guilty Pleasure. Film un po’ trash, fatti di trame scontate o effetti speciali grotteschi. Film di cui magari non parleremmo al primo appuntamento con qualcuno su cui vogliamo fare impressione.
Oppure film del passato invecchiati male, che hanno perso il loro smalto ma non i ricordi a cui sono legati. Troviamo i diversi seguiti di Fast and Furious, Small Soldiers, Pacific Rim, Machete e poi qualche horror del calibro di Black Sheep – Pecore assassine.
Piaceri colpevoli, insomma. Ma forse, al netto delle mode e delle definizioni diffuse in rete, non bisognerebbe sentirsi in colpa per le cose che ci piacciono. E anche questi film basterebbe raccoglierli sotto la lista dei pleasure, e basta.
Grafiche di copertina: Vincenzo Monaco
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