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La gaffe dell’agenzia stampa cinese su Di Maio: «Senza titoli e poco competente». E poi il taglio

05 Settembre 2019 - 19:46 Redazione
Il paragrafo sul capo politico del Movimento Cinque Stelle è stato rimosso. Eppure il testo integrale si può ancora trovare in rete

La Xinhua News Agency è l’agenzia di stampa ufficiale della Repubblica Popolare Cinese. Nelle ultime ore sul suo portale web, disponibile anche in lingua inglese, è apparso un lungo articolo sulla squadra dei ministri scelta dal premier Giuseppe Conte per la sua nuova esperienza di governo.

Viene descritta la direzione che prenderà questo esecutivo, si parla dei rapporti con Bruxelles, e vengono passati in rassegna anche alcuni dei nomi dei ministri che hanno giurato davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Fra questi, almeno nella versione originale dell’articolo, compaiono anche alcune righe su Luigi Di Maio. Parole non esattamente lusinghiere che riportano i dubbi sulla scelta di assegnarlo al ministero degli Esteri. Un paragrafo che poi, forse per evitare conseguenze sul piano diplomatico, è stato rimosso in un momento successivo.

Le parole rimosse dal comunicato

La decisione di mettere Di Maio a capo della Farnesina, in quel testo, viene definita «inusuale». Del capo politico dei Cinque Stelle si dice: «Non si è mai laureato all’università, ha delle conoscenze molto limitate sulle lingue straniere e nella sua vita pubblica non ha mai mostrato molto interesse nelle tematiche internazionali».

Internet non è un luogo dove il passato si dimentica facilmente, o dove gaffe e parole fuori posto vengono lasciate perdere. Su Twitter, infatti, si può trovare il testo originario in cui si riescono a leggere ancora i commenti su Di Maio.

Fonte: Twitter | La prima versione del comunicato di Xinhua News Agency

Quando Di Maio sbagliò il nome del presidente cinese

Durante una vista a Shangai nel novembre 2018, Luigi Di Maio aveva sbagliato per due volte il nome di Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese dal marzo 2013. In entrambi i casi, il nuovo ministro degli Esteri lo aveva chiamato semplicemente «Ping».

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