Argentina, riaperto il caso sulla morte dell’attivista Santiago Maldonado che lottava con gli indigeni
Una corte d’appello argentina ha ordinato di riaprire le indagini sul caso della morte, nel 2017, dell’attivista argentino Santiago Maldonado, scomparso a 28 anni dopo aver partecipato a una manifestazione di protesta repressa dalla polizia. Maldonado venne ritrovato morto in un fiume dopo 78 giorni.
La storia di Maldonado
L’ultima volta che Santiago è stato visto vivo era il 1 agosto 2017, mentre scappava dalla repressione della Gendarmeria nazionale argentina in una protesta guidata dalla comunità Mapuche del Cushamen, nella provincia di Chubut, contro l’appropriazione delle loro terre da parte di privati. Da tempo il ragazzo sosteneva la causa delle popolazioni indigene della Patagonia.
Quel giorno, circa 100 agenti della Gna fecero irruzione senza ordine del giudice nella Pu Lof en Resistencia, il territorio Mapuche, sparando proiettili di piombo e di gomma, e incendiando oggetti appartenenti alle famiglie indigene. Di Santiago si persero le tracce per quasi 80 giorni, finché non venne ritrovato nel fiume del Chubut a 300 metri più a nord e controcorrente rispetto al punto dove lo avevano visto i suoi amici per l’ultima volta.
La sua scomparsa causò aspre polemiche nel Paese, dopo che la famiglia e le associazioni di difesa dei diritti umani accusarano la Gendarmeria (intervenuta nelle proteste) e il governo del presidente Mauricio Macri, di essere coinvolti in quella che fu definita una «sparizione forzata» .
L’ipotesi di reato è però omissione di soccorso, dopo che un giudice nel 2018 aveva escluso il reato di sparizione forzata. Con la sentenza di oggi il tribunale ha annullato il verdetto del giudice federale Gustavo Lleral, che alla fine dello scorso anno aveva scagionato il gendarme Emmanuel Echazú, l’unico accusato nel caso, nonostante le numerose questioni inevase, archiviando di conseguenza il caso. Fino a oggi.
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