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Il verbale di Varriale: «Abbiamo detto che eravamo carabinieri, ci hanno aggredito comunque»

07 Settembre 2019 - 07:10 Felice Florio e Sara Menafra
L'urlo «fermati, siamo carabinieri» di Cerciello Rega non ha fatto desistere Elder dallo sferrargli 11 fendenti in 32 secondi

Cade uno dei punti chiave della difesa di Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, i due giovani americani che la notte tra il 25 e il 26 luglio hanno aggredito i carabinieri Andrea Varriale e Mario Cerciello Rega. Dall’informativa depositata dai carabinieri del Nucleo investigativo, emerge chiaro che gli uomini, in borghese, avevano subito dichiarato di appartenere all’Arma.

Non è bastato identificarsi

«I due soggetti, notati in atteggiamento palesemente guardingo e sospettoso, venivano da noi repentinamente avvicinati. Contestualmente ci qualificavamo come appartenenti all’Arma dei Carabinieri attraverso anche l’esibizione dei nostri tesserini di riconoscimento». Sono queste le parole esatte del verbale che Varriale ha redatto dopo l’operazione, culminata nell’omicidio del collega. «Ma i due, ancor prima di procedere ad una qualsiasi forma di regolare controllo, ci aggredivano fisicamente per vincere un nostro tentativo di bloccaggio».

L’urlo: «Fermati, siamo carabinieri»

Nell’annotazione redatta da Varriale è descritto nel dettaglio anche il momento della colluttazione: «Le concitate fasi della lite si svolgevano, con estrema rapidità e violenza. In particolare, lo scrivente, veniva aggredito dal soggetto con la felpa nera, il quale dimenandosi fortemente con calci, graffi e pugni, riusciva a liberarsi dalla mia presa». Ma è la parte del racconto che riguarda Cerciello Rega a dimostrare che gli aggressori hanno sentito, almeno una seconda volta, che la lite si stava svolgendo con due carabinieri.

«Analogamente, il vice brigadiere Cerciello Rega – ha dichiarato Varriale -, a breve distanza da me, ingaggiava una colluttazione con l’altro giovane, e ricordo di aver sentito le urla del mio collega che proferiva testuali parole: “Fermati, siamo carabinieri, basta!”». Ma non c’è stato niente da fare: gli 11 fendenti di Elder, scagliati in soli 32 secondi, ferivano a morte Cerciello Rega. «Dopo pochi istanti, notavo che entrambi i soggetti si davano alla fuga. Cerciello Rega, che perdeva moltissimo sangue dal fianco sinistro all’altezza del petto, prima di accasciarsi al suolo mi ha detto: “Mi hanno accoltellato“».

La conferma del clochard

Nell’informativa è raccolta la testimonianza di Constantin Marian Sarcila, un clochard che, quella notte, era accampato sul marciapiede che costeggia la banca Unicredit di via Cesa, luogo dell’appuntamento dato dai due americani a Sergio Brugiatelli, la vittima del furto dello zainetto al quale era stato chiesto il “cavallo di ritorno“. Dalle dichiarazioni di Sarcila, dalla successione cronologica degli avvenimenti da lui descritta, «si evince che i militari si erano qualificati quali appartenenti alle forze dell’ordine»,

La testimonianza del clochard è un’ulteriore prova del «breve scambio di battute intercorso tra i due militari e Hjorth». Inoltre, proprio dalla ricostruzione di Sarcila, gli investigatori hanno ricevuto conferma che «Hjorth si era agitato apprendendo di essere dinanzi a dei Carabinieri. La genuinità del ricordo di Sarcila è rappresentato dal fatto che questi, vivendo in strada, ove trascorre la maggior parte della sua giornata, non ha potuto seguire aggiornamenti e reportage della vicenda riportati dai media, potenzialmente idonei ad inficiare l’autenticità della sua esposizione».

Una mancanza non da poco: i carabinieri non avevano la pistola

«Non avevo la pistola con me perché nell’attività di controllo delle piazze di spaccio, che viene svolta in borghese, è difficile occultare l’arma». Questa la giustificazione finale che Varriale ha fornito ai suoi superiori. Ma ci sono delle incongruenze nelle ricostruzioni fatte dal carabiniere. Il 28 luglio aveva dichiarato, invece, di «aver indossato la pistola di ordinanza e le manette di sicurezza», si legge nell’informativa.

Eppure, la notte dell’omicidio, lo stesso Varriale aveva detto ai colleghi sopraggiunti sul posto di non essere armato. L’ha fatto almeno tre volte, con il maresciallo capo Daniele De Nigris, con l’appuntato Mauro Ecuba e con il carabiniere scelto Alberto Calvo. Adesso Varriale potrebbe subire un procedimento militare interno per mancata consegna: l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti emise un’ordinanza, subito dopo l’attentato di Barcellona del 2017, di «elevata opportunità che il personale delle forze di polizia porti con sé l’arma di ordinanza anche se fuori servizio». La disposizione fu impartita dai vari ministeri a tutte le forze dell’ordine, compresa l’Arma dei carabinieri.

La fake news dell’origine nordafricana

È Varriale a dare il via all’informazione che i due aggressori fossero immigrati provenienti dal Nord Africa. Il carabiniere, nelle dichiarazioni rese il 28 luglio, ha detto di aver descritto i due «come possibili soggetti di etnia nord africana, anche in ragione del fatto che il giovane con il quale sono entrato in colluttazione aveva un colorito che mi era sembrato scuro, olivastro».

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