L’oro dall’Africa: svelato l’affare tra Diabolik e l’ultrà finito in carcere
È il 7 agosto quando Fabrizio Piscitelli, capo degli ultrà laziali noto col soprannome di “Diabolik“, viene assassinato in un parco di Roma. In quei giorni – secondo quanto ricostruito dal Corriere della Sera – Piscitelli stava aiutando Fabio Gaudenzi, ex braccio destro di Carminati, a recuperare i soldi di un grosso affare sfumato poco prima. Si trattava, nello specifico, dell’importazione di grandi quantitativi di oro dall’Africa. Un affare nel quale era stato coinvolto da un altro amico, Filippo Maria Macchi. Un business che, se fosse andato in porto, avrebbe generato alti profitti.
Un business da «20 milioni di euro l’anno»
La strategia, adottata da Gaudenzi, si trova ora nelle motivazioni alla sentenza – in abbreviato – del “Mondo di mezzo” (per la quale è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione). Alla base di tutto c’è un business da «20 milioni di euro l’anno» di cui Gaudenzi era al corrente perché coinvolto da Macchi. Quest’ultimo avrebbe detto a Gaudenzi che «intendeva realizzare un’operazione speculativa consistente nell’importazione di un grosso quantitativo di oro dall’Africa, acquistato sul posto e trasportato mediante vettore aereo privato». Gaudenzi, una volta convintosi che l’affare fosse vantaggioso, avrebbe promesso il suo sostegno economico. Ma il business non andrà mai in porto.
La truffa e il debito
Davanti al pm Luca Tescaroli, Gaudenzi ha spiegato che – per sostenere l’affare – si era visto costretto a contrarre un debito con Raffaele Bracci a cui aveva offerto come garanzia alcuni orologi di valore. Affare che ha assunto presto i contorni di una truffa. A confermarlo in tribunale è stato lo stesso Bracci: «Incontrando Gaudenzi a settembre ho saputo che erano stati truffati».
La verità sull’oro dall’Africa
Gli unici – spiega ancora il Corriere – a conoscere tutta la verità sull’oro dall’Africa erano Diabolik, morto il mese scorso, e un altro amico di Brescia, Maurizio Terminali, deceduto in circostanze misteriose, come riferito da Gaudenzi. Una cosa risulta ora più chiara: l’affare condiviso da Fabrizio Piscitelli con Fabio Gaudenzi non era dunque la droga bensì l’oro.
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