Migranti, il procuratore di Agrigento silura i “porti chiusi”: «I blocchi navali sono inutili»
È stata accolta con grande attenzione, a Vienna, la relazione del procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella. «Le organizzazioni dei trafficanti utilizzano imbarcazioni a poco prezzo – ha detto nel corso dell’audizione all’incontro “Smuggling – traffico di migranti” -. Il sequestro di questi mezzi è inefficace, perché sono mezzi non utilizzabili per un nuovo viaggio».
Invitato come primo relatore, per la riconosciuta esperienza di lotta ai trafficanti di esseri umani, Vella ha aggiunto: «Oggi sempre un efficace contrasto alle organizzazioni di trafficanti di migranti presuppone una lotta da svolgere sulla terraferma non in mare, soprattutto nei Paesi di partenza con la necessaria collaborazione dei Paesi di destinazione. Sono poco utili e difficilmente attuabili i blocchi navali, cioè i tentativi di bloccare in mare l’arrivo delle imbarcazioni cariche di migranti».
L’incontro, in corso al Vienna International Center, ha l’obiettivo di «modificare e migliorare le strategie di contrasto degli Stati contro i trafficanti di esseri umani, intensificando la collaborazione tra gli Stati della diverse regioni del mondo». Ad ascoltare la preziosa esperienza di Vella, i rappresentanti dei 189 Paesi che hanno sottoscritto, nel 2000, la Unodc, la Convenzione di Palermo sul Crimine organizzato transnazionale.
La speculazione dei trafficanti
«Ci sono trafficanti di migranti che offrono viaggi fatti con mezzi veloci, non facilmente individuabili dalle forze dell’ordine, in genere organizzati da trafficanti tunisini o egiziani, non libici – ha denunciato Vella -. Una sorta di business class. Sono stati ribattezzati ”sbarchi fantasma”, perché con questa modalità i migranti entrano nel territorio dello Stato di destinazione senza transitare dai centri di identificazione della Polizia, senza lasciare traccia, come dei fantasmi appunto. Non vi sono statistiche affidabili sui numeri di migranti trasportati in questo modo».
Un vero e proprio servizio di classe superiore rispetto alle migrazioni più note alla cronaca: «Si tratta di viaggi per mare che, per i servizi che offrono ai migranti, costano di più rispetto agli altri metodi, perché garantiscono sia una maggiore sicurezza per i migranti (che in questi casi non rischiano quasi mai la vita) che l’arrivo di nascosto sulla terraferma, con possibilità per i migranti di muoversi in autonomia sul territorio europeo, senza essere identificati allo sbarco – ha detto Vella -. Dal punto di vista dei trafficanti questi viaggi prevedono il ritorno del mezzo navale utilizzato nel Paese di partenza, insieme ai trafficanti che vi sono a bordo».
Il metodo della “nave madre”
Il procuratore si è soffermato anche su una particolare modalità «che i trafficanti stanno utilizzando sempre di più è quello della mother board, cioè le navi madri – ha spiegato, raccontando un caso di cui si è occupato a novembre 2018 -. Quella volta i trafficanti trasportarono 68 migranti da Sabratha (Libia) a Lampedusa, utilizzando un motopeschereccio di circa 21 metri (nave madre) e un’imbarcazione più piccola (nave figlia), costituita da una barca di circa 10 metri con un piccolo motore fuoribordo da 40cv».
L’operazione si concluse con l’arresto dei trafficanti: «Bloccammo tutti i sei membri dell’equipaggio, dopo un lungo inseguimento in mare fatto con i mezzi della Guardia di Finanza Italiana. Il metodo della mother boat mette, comunque, in pericolo la vita dei migranti, soprattutto nella fase in cui gli stessi vengono accalcati sulla “barca figlia’” in condizioni di grave instabilità (70 persone su una piccola imbarcazione di 10 metri), senza viveri e mezzi di salvataggio individuali, fase che prevede ancora circa 8 ore di navigazione, prima di giungere sulla costa siciliana».
«Questo metodo di viaggio – ha concluso il passaggio Vella -, rende, inoltre, più difficile il contrasto alle organizzazioni dei trafficanti, i migranti nascosti dentro la nave non sono visibili ad una osservazione esterna e le mother boat si fermano in acque internazionali, a grande distanza dalla costa del Paese di destinazione».
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