Sottosegretari, ancora fumata nera: Conte pretende la lista, il M5s prende tempo. Tutti i nomi sul tavolo
Ancora fumata nera per la lista dei 42 sottosegretari del nuovo governo giallorosso. Nella serata di ieri 11 settembre si è svolto un incontro fra i pontieri M5s e Pd per definire gli ultimi dettagli dell’elenco da portare nelle mani del premier Giuseppe Conte prima del Consiglio dei ministri previsto per oggi alle 15.
Conte e il Quirinale premono, i 5 Stelle trattano
I nodi da sciogliere sarebbero soprattutto in casa 5 Stelle. Dal fronte Pd si dicono già pronti e Leu conferma: «Noi vorremmo accelerare ma gli altri vogliono più tempo». Le pressioni per una soluzione a breve termine non è solo dettata da ragioni di opportunità politica, cioè per evitare di mettere in scena una “trattativa sulle poltrone” agli occhi dell’opinione pubblica, ma anche per ragioni pratiche: senza i sottosegretari i lavori del governo non possono mettersi in moto.
Era stato lo stesso Conte a chiedere da Bruxelles la lista in tempo per il Cdm: «Sarebbe buono riuscire a completare la squadra», aveva detto. Possibile che si arrivi alla quadra in extremis oppure che si opti per un nuovo Consiglio dei ministri, presumibilmente ad hoc, venerdì mattina. A domandare di chiudere entro la settimana sarebbe anche il Quirinale che, secondo fonti parlamentari, auspicherebbe che la squadra di governo sia completata il prima possibile.
Il premier in mattinata dovrebbe incontrare una delegazione composta da Spadafora, Patuanelli, Franceschini e Orlando, che nella serata di ieri si sarebbero incontrati per trovare un’accelerazione. L’elemento frenante sembra appunto il Movimento 5 Stelle che starebbe facendo fatica a completare il quadro, vista soprattutto la richiesta di discontinuità che arriva dai gruppi, ma che si scontra con la necessità di confermare un piccolo drappello dell’ex esecutivo gialloverde, compresi alcuni ministri come Lezzi e Trenta.
Secondo alcune indiscrezioni – poi smentite ufficialmente dal Movimento in tarda serata – c’è stato un incontro a tardissima serata fra lo stesso Conte, di ritorno da Bruxelles, e i due esponenti 5 Stelle incaricati delle trattative, appunto Stefano Patuanelli e Vincenzo Spadafora.
Il braccio di ferro Pd-M5S sui sottosegretari “pesanti”
Un braccio di ferro però è anche in corso tra M5s e Pd su due deleghe importanti del ministero dello Sviluppo, quella alle Telecomunicazioni e quella all’Energia, che nel governo M5S-Lega Luigi Di Maio aveva tenuto per sé al Mise.
Alle Telecomunicazioni il Pd vorrebbero Antonello Giacomelli (che potrebbe anche guidare l’Agcom) e all’Energia l’assessore laziale Gian Paolo Manzella, esperto d’innovazione. Ma i Cinque stelle reclamano entrambe le deleghe e portano avanti il nome di Dario Tamburrano all’Energia, mentre Patuanelli preme per conservare allo Sviluppo Economico le Tlc come fece il suo capo politico.
Si cerca un compromesso che potrebbe concretizzarsi nell’Energia al Pd e Tlc al M5s, mentre l’Editoria andrebbe ai democratici. Il sottosegretario all’Editoria fa capo alla presidenza del Consiglio, dunque il Pd conquisterebbe un posto a Palazzo Chigi: il nome più quotato a circolare per il ruolo è quello del coordinatore della segreteria dem è Andrea Martella.
Sul fronte delle deleghe della presidenza del Consiglio sembra confermata la tesi che Conte sia determinato a tenere la delega ai Servizi, mentre il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro, molto vicino a Di Maio, dovrebbe ottenere le Riforme (anche se Matteo Renzi la vorrebbe per Roberto Cociancich).
Le mosse di Di Maio e la compensazione per gli esclusi
L’ex vicepremier, che alla Farnesina ha riunito i responsabili economici per dare il segnale che non cederà al Pd la regia della manovra (con un tavolo irrituale che a molti ha ricordato quelli che riuniva Matteo Salvini al Viminale), si trova ad affrontare da giorni una sorta di rivolta all’interno del Movimento.
Proprio per tenere le fila, Di Maio nella serata di ieri ha dato un segnale ai suoi facendo sapere che intende accelerare la “nuova struttura” del Movimento con la nomina dei facilitatori. Saranno forse quei ruoli a compensare le aspirazioni di chi rimarrà escluso dalle nomine dei sottosegretari.
22 caselle al M5S, 18 al Pd
Nel conteggio totale degli incarichi, comunque, tra sottosegretari e vice ministri, al M5s dovrebbero andare 22 “poltrone” contro le 18 del Pd. Dovrà essere proprio lo stesso Di Maio a sforbiciare il lungo elenco di candidati. Particolarmente combattuto è il derby Castelli-Buffagni all’Economia, che dovrebbe essere vinto dalla prima, ma non mancano le resistenze interne su entrambi i nomi.
I nomi in casa Pd
Anche sul fronte dem si tratta: alla minoranza dovrebbero andare 6-7 posti, ma solo circa la metà indicati direttamente dalla componente renziana. Potrebbe tornare al governo Maurizio Martina, da viceministro, e per la sua area si cita anche Debora Serracchiani. Per il Mef si parla di Antonio Misiani e Luigi Marattin (per un incarico economico) o Pier Paolo Baretta. Gli altri nomi che circolano sono Lia Quartapelle (Esteri), Simona Malpezzi, Chiara Braga (Ambiente) e Patrizia Prestipino allo Sport.
Inoltre Walter Verini potrebbe andare alla Giustizia e nella compagine governativa dovrebbero entrare anche Sereni, Bonaccorsi (Turismo), Morassut (Cultura) e Astorre. Confermata la possibilità che Fiano vada al Viminale e Ascani all’Istruzione, ma non ancora certo se da sottosegretari o da viceministri.
I papabili a 5 Stelle
Nel campo dei 5 Stelle, pare confermato che l’ex ministro Elisabetta Trenta possa diventare viceministro agli Interni e Barbara Lezzi sarebbe disposta alla “retrocessione”, cioè a tornare da sottosegretario nel ministero che guidava (al Sud). Giancarlo Cancelleri dovrebbe andare ai Trasporti, Lucia Azzolina alle Regioni, Andrea Giarrizzo o Luca Carabetta all’Innovazione. L’attuale capogruppo D’Uva andrà alla Cultura o agli Interni mentre Di Stefano verrebbe confermato agli Esteri e Ferraresi alla Giustizia. Per Leu è in pole position Rossella Muroni (Ambiente?), ma il partito chiede almeno un altro sottosegretario.
Leggi anche:
- Regionali, verso il bis dell’alleanza giallorossa? Il Pd apre, no dal M5S
- Richetti divorzia dal Pd e finisce in tribunale: «Ci deve più di 150mila euro»
- Sottosegretari M5S, la rosa oggi nelle mani di Di Maio. Spunta l’ipotesi Trenta agli Interni
- Toto-sottosegretari: nella partita fra Pd e M5S anche un accordo per le regionali e la blindatura del Senato
- Zingaretti si sente come papa Francesco, la frecciata a Renzi: «Anch’io mi auguro che non ci sia lo scisma»
- Franceschini: «Salvini è il massimo di pericolosità democratica che si può avere nel 2019»
- L’ultimo sondaggio conferma: ad oggi il governo piace poco, meglio il voto subito. Renzi e Grillo i meno amati
- Esclusivo – Il no di oggi del M5s a Zingaretti segna la sorte del governo, e lo scisma di Renzi
- Compagno Conte: il premier apre l’operazione simpatia a sinistra, e va alle feste di LeU e Cgil