La notte più lunga del Pd. Franceschini durissimo: «La scissione del 1921 portò alla vittoria del fascismo»
I telefoni dei parlamentari Pd hanno iniziato a squillare nel tardo pomeriggio, quando la scissione dei renziani è diventata una certezza, e in serata sono diventati incandescenti. Nella chat dei deputati Dem irrompe il messaggio di Dario Franceschini, attuale ministro dei Beni Culturali e soprattutto capo delegazione nel governo e capo-corrente nel Pd.
«Nel 1921-22 il fascismo cresceva sempre più, utilizzando rabbia e paure (…). La litigiosità e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini nell’ottobre 1922. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori».
In poche righe Franceschini avvicina l’operazione che portò alla nascita del Partito Comunista Italiano (e alle conseguenze delle divisioni tra i partiti) all’operazione guidata da Matteo Renzi, evocando addirittura l’ascesa di Benito Mussolini.
I sottosegretari e i vice-ministri Dem non hanno avuto nemmeno il tempo di prendere possesso dei loro nuovi uffici, poche ore dopo il giuramento a Palazzo Chigi, che hanno iniziano a contarsi: chi resta e chi segue Matteo Renzi.
«Ma ti ha chiamato?», si sono chiesti timidamente senza nemmeno nominarlo. «A me non ha chiesto nulla». Tra i fedelissimi della prima ora sono partiti i distinguo: non hanno abbracciato il nuovo progetto, protagonisti della prima stagione renziana come Lotti, Guerini e Morani.
Nicola Zingaretti ha seguito l’evolversi della giornata politica dalla sede del Nazareno, che ha lasciato senza rilasciare dichiarazioni. Ha fatto appello all’unità, già consapevole dei renziani in fuga. Ma solo una parte di loro. Sono caduti nel vuoto anche gli appelli alla compattezza fatti da esponenti un tempo vicinissimi all’ex sindaco di Firenze. Da Giorgio Gori a Matteo Orfini, che ricorda come «fuori dalla Chiesa non ci sia salvezza».
Extra ecclesiam nulla salus
— orfini (@orfini) September 16, 2019
L’indicazione per i renziani che hanno deciso di aderire al nuovo progetto è di parlare il meno possibile nel giorno del giuramento di vice-ministri e sottosegretari del governo Conte 2: si va da Francesco Bonifazi a Luigi Marattin, da Davide Faraone a Ettore Rosato. Intervistato da la Repubblica e da Il Giornale, l’ex sindaco di Firenze conferma quanto anticipato da Open e annuncia di avere dalla sua parte almeno 15 parlamentari.
Nella squadra dei ministri, l’adesione di Teresa Bellanova non è la sola. La strada scelta è dunque quella della separazione morbida dal Pd, senza strappi o pericoli imminenti per il governo. Sarà direttamente Matteo Renzi a rassicurare il presidente del Consiglio con una telefonata e spiegare le sue intenzioni ‘non belligeranti’.
La mossa dell’ex segretario Dem ha spiazzato alcuni dei suoi storici fedelissimi che sono stati appena nominati all’interno del governo Conte 2. La strada era stata spianata pochi giorni fa da Ettore Rosato sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, parlando di ‘separazione consensuale’ e ricordando che i renziani non sono quelli «che cantano bandiera rossa al comizio del segretario».
Così oggi mentre Anna Ascani giurava come vice-ministra all’Istruzione, Roberto Giachetti abbandonava la segreteria Pd protestando contro l’alleanza con i 5 Stelle, sancita però il 5 settembre al Quirinale e a fine agosto dalla direzione del Pd (al Nazareno l’unico voto contrario era stato quello di Matteo Richetti).
Giachetti ha poi annunciato di volere rilanciare l’attività dei comitati ‘Sempre avanti’, che è anche un’associazione di comprovata fede renziana. Come slogan ha la frase ‘l’Italia che dice si’ che secondo molti osservatori potrebbe ispirare proprio il nome del futuro partito di Renzi.
Per la creazione di un gruppo autonomo alla Camera (dove servono 20 parlamentari) e di una corrente renziana nel Gruppo Misto del Senato (dove arriverà già Richetti) si cercano conferme ufficiali già domani: Matteo Renzi, che non disdegna gli annunci televisivi, sarà ospite del programma televisivo Porta a Porta. Ma oltre alla ‘terza camera’, è anche la seconda che riprende la normale attività parlamentare: l’appuntamento sarà alle 14.00 a Montecitorio.
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