40 giorni di manovre, senza politica. E chi è senza peccato…
La politica a tavolino non è bella politica. È come un videogioco con le simulazioni, o un Risiko, un Monòpoli, o peggio una partita a poker. È tattica, valutazione di effetti, di costi e benefici, di limitazione del danno, per sfruttare il momento sfavorevole o le contraddizioni dell’avversario.
Certo, ognuno evoca sempre l’interesse del Paese, la parola decisiva che andrà agli elettori, ma solo “Quando lo dico io”, come intimava quel prestigiatore.
Salvini voleva fregare tutti e vincere da solo, ma ha sbagliato i conti. Sapeva che carte avevano in mano Di Maio e Zingaretti, ma non si è curato di due consumati giocatori, Grillo e Renzi, che sono andati a vedere il suo bluff.
Così è nato il governo giallorosso, con tre obiettivi principali: disinnescare Salvini, tenere in vita il più possibile la legislatura, eleggere un presidente della Repubblica di centro sinistra. Calcoli sul futuro delle alleanze e dei partiti, ma non sul futuro del Paese.
Loro come Salvini. E così Renzi, non diversamente dagli altri, mette le sue pedine sulla scacchiera per contarle, per pesare quando ci sarà di nuovo da scegliere. Tutte manovre di palazzo, dalla prima all’ultima, per fregare gli avversari, per sopravvivere, per vincere o non perdere. La democrazia è anche questo, nessuno scandalo. Basta saperlo.
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