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100 morti in 10 anni, nessun colpevole: in Francia il dramma degli «errori» della polizia

22 Settembre 2019 - 07:25 Emma Bubola
«Eravamo al telefono e mi ha detto ‘c’è un poliziotto che mi sta puntando, non capisco perché mi stia puntando’». Il 2 dicembre 2018 Milfet ha perso la madre ottantenne, colpita da una granata lacrimogena

Zineb Redouane, 80 anni, stava chiudendo le finestre della sua casa al quarto piano di rue des Feuillants numero 12 a Marsiglia, alle 18.57 del 2 dicembre 2018. È stata colpita in viso da una granata lacrimogena le cui ferite hanno provocato la sua morte, 24 ore dopo.

«Voleva chiudere le persiane perché c’era troppo gas nell’aria, stava passando sotto casa una manifestazione dei gilet gialli», racconta a Open la figlia Milfet, venuta da Algeri a Marsiglia per partecipare alla marcia bianca organizzata in onore della madre il 15 settembre, «eravamo al telefono e mi ha detto “c’è un poliziotto che mi sta puntando, non capisco perché mi stia puntando”». A nove mesi di distanza, per Milfet quell’interrogativo rimane aperto. 

Milfet Redouane Foto: Open

Isabelle Liu, 23 anni, una risposta l’ha avuta. Erano le 8 di sera del 26 marzo del 2017, lei e le sue sorelle stavano ripassando in casa mentre il padre Shaoyao preparava la cena in cucina, racconta a Open la ragazza che ha appena finito una scuola di contabilità. A un certo punto hanno bussato alla porta, «mia sorella ha guardato chi fosse e ha visto tre uomini in borghese, non sapeva che fosse la polizia, ha visto tre uomini pesantemente armati». Il padre si rifiutava di aprire, i colpi si facevano sempre più forti. 

Shaoyao, con in mano delle forbici, bloccava la porta, ma dall’alto del suo metro e 60 non è riuscito a resistere a lungo. Isabelle racconta di aver visto la porta cedere, poi un poliziotto sparare e suo padre cadere indietro. «Perché gli hai sparato?», ricorda di avergli chiesto. «Perché aveva delle forbici», si sarebbe sentita rispondere dall’agente.

Isabelle Liu Foto: Open

I numeri

Non esistono stime ufficiali ma, incrociando dati raccolti da varie associazioni, Bastamag ha contato 107 persone morte in seguito a interventi della polizia tra il 2005 e il 2015. Stime simili non sono state effettuate in Italia, (quella della fondazione Carlo Giuliani si è fermata al 2001) ma la lista stilata recentemente da Vice sui casi di cittadini morti durante un’azione delle forze dell’ordine o sotto la loro custodia dal 2003 al 2018 riporta nove nomi. 

Tra le vittime censite in Francia ci sono bambini come Ibrahim Diakité, morto a 7 anni nel 2004 e anziani come Joseph Petithuguenin, deceduto a 77 nel 2010, ma soprattutto uomini tra i 25 e i 30 anni. Maschi, di origini arabe o africane, residenti in un quartiere popolare della regione parigina o alla periferia di Lione.

È questo l’identikit tipo di chi muore dopo interventi delle forze dell’ordine, osserva Bastamag. Secondo un’indagine condotta dall’ACAT, associazione cristiana per la difesa dei diritti umani, nel 90% dei casi di omicidio in cui sono coinvolte le forze dell’ordine, gli agenti non vengono condannati.

Una manifestante mostra il cartello: «Giustizia per Théo, Adama, Zyed e Bouna, non dimentichiamo» Foto: Epa

Nessun colpevole

I giudici hanno determinato un «non luogo» sulla morte di Shaoyao Liu: dopo l’inchiesta «contro ignoti» ordinata dai pm, è stato deciso che il poliziotto che ha sparato al padre di Isabelle non sarà indagato. Secondo il tribunale, questo avrebbe infatti agito per legittima difesa, dopo che Shaoyao si sarebbe avventato su un altro degli agenti che erano entrati nell’appartamento, ferendolo con le forbici. 

Per Isabelle e le sue sorelle, presenti al momento dell’assassinio, questa conclusione è assurda, «mio padre non ha ferito nessuno, gli hanno sparato prima ancora che avesse il tempo di reagire», racconta la ragazza.

Ma come rispondere al ritrovamento, sull’ascella di uno dei poliziotti, di una ferita da arma da taglio lunga 0,5 centimetri? «Dopo che hanno sparato a mio padre hanno mandato me e le mie sorelle nelle nostre camere, con divieto di uscirne, per 1 ora e mezza, non so nel frattempo cosa sia successo», spiega Isabelle, ipotizzando una manomissione delle prove. 

Manifestazione in memoria di Shaoyo Liu. Foto: Epa

È in seguito a questa decisione dei giudici che le sorelle hanno deciso di uscire allo scoperto, di organizzare manifestazioni, parlare ai giornalisti. «Perché sennò nessuno sentirà mai la nostra versione», spiega la giovane, «e se non otteniamo giustizia questo lutto ci perseguiterà per sempre».

Anche Milfet Redouane avrebbe preferito scampare all’attenzione mediatica, alle domande dolorose dei giornalisti: «Non sono una persona a cui piacciono i riflettori, ma stavano iniziando a circolare troppe bugie», confida.

L’autore del lancio della granata lacrimogena che ha colpito Zineb non è stato ancora identificato. All’indomani del decesso il procuratore aveva affermato che la morte della madre di Milfet era stata provocata da «uno choc operatorio e non da uno choc facciale» e aveva aggiunto, «non possiamo stabilire un legame di causa-effetto tra la ferita e la morte». 

Marcia «bianca» per Zineb Redouane, Marsiglia Foto: Open

L’ultimo sulla lista di questi omicidi senza assassino è l’operatore scolastico Steve Maia Caniço, annegato nella Loira dopo un intervento della polizia per disperdere la folla alla Festa della Musica di Nantes. L’IPGN, l’Ispezione Generale della Polizia nazionale, la «polizia della polizia» – organo interno alle forze dell’ordine incaricato delle indagini che coinvolgono gli agenti -, non ha stabilito «nessun legame tra l’intervento della polizia e la sparizione di Steve Maia Canico». 

A Nantes due ragazzi appendono un cartellone con su scritto: «Dov‘è è Steve?» Foto: Epa

Cécile de Rivera, avvocata della famiglia di Steve, spiega a Open che «è difficile che i tribunali determinino una responsabilità della polizia, perché c’è una volontà politica di proteggere al massimo le forze dell’ordine».

Una constatazione a cui si unisce l’avvocato della famiglia Liu, Pierre Lumbroso, secondo il quale la situazione è diventata ancora più tesa in seguito allo stato di emergenza indetto in Francia dopo gli attentati terroristici del 2015: «Penso che ci sia una volontà politica molto forte», afferma, «con il pretesto dello stato d’emergenza si consente una politica in termini di sicurezza che è vicina a quella di un regime totalitario».

L’avvocato penalista spiega a Open che dal 2017 sono atterrati sulla sua scrivania almeno tre fascicoli di istanze che hanno come elemento comune un morto disarmato e la presenza della polizia: «Se avessimo avuto Marine Le Pen o Nicolas Sarkozy alla presidenza della Repubblica potrebbe essere lontanamente comprensibile, ma è sorprendente che questo avvenga con Emmanuel Macron, dato che anche i suoi ministri dell’Interno erano socialisti».

Manifestante mostra il cartello: «L’IPGN protegge la polizia, l’esecutivo protegge l’IPGN, chi protegge i cittadini?» Foto: Epa

Per Bruno Pomard, ex poliziotto, a prescindere dai colori dei diversi governi, è la cultura «del poliziotto a scopo repressivo» più che educativo, che vige da trent’anni e che ha «ucciso la relazione di prossimità tra gli agenti delle forze dell’ordine e la popolazione».

E così siamo arrivati alla situazione che il sociologo Sebastian Roché, esperto dei rapporti tra polizia e popolazione, chiama «una crisi storica della legittimità della polizia». La sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine è secondo l’esperto «alimentata dalla violenza, ma anche dal fatto che questi atti sono presentati come legali». Roché insegnava da 26 anni alla Scuola Superiore Nazionale di Polizia, l’ENSP, ma è stato licenziato il 20 agosto dopo aver criticato l’azione degli agenti durante le manifestazioni dei gilet gialli.

La tensione tra popolazione e forze dell’ordine ha infatti raggiunto l’esasperazione durante le mobilitazioni anti governative che hanno visto ieri i cittadini scendere in piazza per il quarantacinquesimo fine settimana successivo. 2.448 feriti, 24 accecati, 5 mani strappate e 11 morti lato civile. 29 suicidi da gennaio ad aprile, lato polizia, quando in tutto il 2018 erano stati 35.

Christophe Castaner, il ministro dell’Interno francese, ha annunciato un nuovo dispositivo che, sebbene da molti considerato insufficiente, fornisce assistenza psicologica per arginare questa epidemia di suicidi tra le forze dell’ordine, attribuiti in gran parte al sovraccarico di lavoro e alla sensazione di isolamento della polizia rispetto alla popolazione.

Ma le violenze poliziesche rimangono un tabù per l’esecutivo. Nonostante anche l’ONU abbia esortato al Francia a fare chiarezza sull’«uso eccessivo della forza» avvenuto in Francia durante le mobilitazioni antigovernative. In un’intervista sul tema alla piattaforma Kombini, Castaner ha reagito affermando che gli eventuali errori saranno sanzionati: «In ogni mestiere si possono fare delle sciocchezze».

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